martedì 28 settembre 2010

Centimetromaschile punto qualcosa forum eccetera


E così sarei stato schedato. Sai che novità, mi è venuto da pensare. Alla Digos e in questura hanno su di me un dossier che sembra l'enciclopedia Treccani, anche perché le keffiah e i passamontagna mi fanno starnutire e mi irritano la pelle, e allora vado costantemente a volto scoperto. Però di essere schedato addirittura da un forum di pippolini maschilistini non m'era mai successo; mi è stato gentilmente segnalato, mi ci sono fatto le dovute risate e mi sono messo alla tastiera per divertirmi un pochino, ma a modo mio.

Ora, se mi leggono, i pippolini in questione magari penserebbero che io stia per tirar fuori le palle e che intenda difendermi dalla serie di intelligentissime considerazioni, di malauguri e di insulti che mi hanno rivolto. Niente di tutto questo. Sono in una dimensione totalmente estranea a questi signori, e alla mia età ho anche assunto la capacità di vantarmene sì, ma con estrema moderazione e realismo. Quindi nessuna confutazione troppo articolata e impegnativa può essere da me riservata personaggi del genere, che lascio volentieri ai loro forum e al loro buffo odiolino da Bar Sport. In fondo, le loro "logiche" riproducono costantemente il tifo calcistico (Milan contro Inter, Albinoleffe contro Grosseto, uomini contro donne), una dimensione da cui l'ometto italiano più o meno standard si stacca difficilmente.

Però mi corre anche l'obbligo di fare qualche pacata considerazione sulle affermazioni dei partecipanti al forum "Metromaschile", con la massima nonchalance che mi è possibile. Scommette ad esempio l'utente Jason che "non sono nemmeno sposato". In effetti non lo sono e me ne guardo attualmente bene. Però lo sono stato (per i classici 7 anni), in termini abbastanza folkloristici e con una fine burrascosa che però è addivenuta, dopo un po', a risultati piuttosto singolari. Talmente singolari che qualche mese fa mi sono presentato per fare un salutino alla mia ex moglie a bordo di un potente mezzo per il trasporto di organi (fegati, milze) e sangue, e colei è scesa assieme al suo nuovo compagno. Un simpaticissimo pistoiese tifoso sfegatato della Fiorentina come me, con il quale ci sono stati baci e abbracci, scherzosi consigli reciproci, grida di "forza Viola" in una strada centrale di Livorno e la coscienza precisa di starsene tutti in santa pace a far la propria vita, ché ce n'è una sola. Poi mi hanno anche restituito la visita, pensate un po'; l'ex moglie e il suo compagno a casa mia, e non li ho nemmeno presi a colpi di cerbottana. Nemmeno un temperino piccino picciò; anzi no, un timperino.

L'utente Brutale (brrrrr!!!) scrive invece che io "non so niente dei padri separati" e che "prima o poi incontrerò qualcuna che non si farà scrupoli a umiliarmi come merito". Dovessi fare un esempio di rapporto assolutamente malato non solo con le donne, ma con la realtà intera, non potrei trovarne di più calzante. Effettivamente io non so molto dei padri separati, però da costoro tutto sappiamo fuorché gli effettivi motivi perché ad un certo punto è intervenuta la separazione. Non lo si sa dai personaggi famosi (anche perché i giornalisti che li intervistano si guardano bene dall'approfondire l'argomento) e men che mai da quelli meno famosi, nonostante i loro forum, i siti, le pagine Facebook. E questo è un punto che non mi stancherò mai di sottolineare: alla sincerità si preferisce l'astio, all'effettiva consistenza delle cose il rancore cieco, al confronto la contrapposizione da stadio, ad un percorso che coinvolga davvero la coscienza il rifugio nel piagnisteo sbavante, nella minaccia, nell'insulto e nell'odio.

Ancora l'utente Jason ribatte che "i maschietti come me, se infinocchiati, diventano i peggiori misogini". Mi ricorda un po' certi fascisti che danno di fascisti agli altri, e ce ne sono. Ma figurarsi se ho il tempo e la voglia di diventare miso-qualcosa, nella vita ho da fare a volte cose più serie e utili, e altre volte cose più divertenti e rilassanti. Mi tocca tutti i giorni andare a raccattare feriti per le strade, malati nelle case, mi tocca fare viaggetti a 180 all'ora verso il Cisanello di Pisa con a bordo pezzetti di esseri umani morti che servono a salvare altri esseri umani vivi, e dovrei misare le donne o qualcos'altro? Anche perché, per me, non sono mai esistiti "uomini e donne" e non sono mai esistiti sessismi, paternismi, separatismi. Sono stato infinocchiato? E vabbè, capirai che tragica sventura. Però non mi sono mai presentato a casa di nessuno con un fucile a pallettoni o con un coltello. Non mi sono messo a perseguitare nessuno. Se c'era da soffrire, ho sofferto e mi sono sfogato come potevo, ricorrendo ai mezzi che ho in me e che avrebbero in sé tutti gli esseri umani se solo sapessero minimamente ragionare e non abbandonarsi ad istinti bestiali e a condizionamenti socioculturali che li rendono del tutto schiavi senza che se ne rendano conto. Ecco, se mi chiedessero quale sia una cosa di cui vado davvero fiero, questa sarebbe la principale.

L'utente Jorek afferma categorico che "dal divorzio io non sarei mai passato". Errore. Ci sono passato eccome, il giorno 28 ottobre 2006 (preceduto dalla separazione il 24 ottobre 2003). Fu una scena simpaticamente surreale. Io e la mia ex moglie ci vedemmo un'ora prima per prenderci un caffeino, poi si andò tranquillamente insieme al Tribunale e là ci accolse la guerra. Ex coppie che si presentavano con gli avvocati, sguardi incazzati, tensioni, qualche urlo, accuse reciproche. Ci mettemmo in una saletta d'aspetto a ricordare alcuni momenti passati, ci fu anche qualche lacrimina d'ordinanza, e quando fummo chiamati, prima di entrare ci siamo dati un abbraccetto con una pacca. Effettivamente non s'era bene assortiti, e per di più il matrimonio non finì per niente bene; ma l'udienza durò due tranquillissimi minuti, la giudice si meravigliò che fossimo soli, si lasciò andare a un "finalmente due civili!", e alla classica domanda sul ripensamento rispondemmo entrambi con un "no" che si sentì fino da Calignaia (lo dico per chi conosce Livorno). Una stretta di mano e festa finita, ma che ci vorrebbe tanto, per diaccio cane? Anche se ci sono di mezzo dei figli? E a cosa servono, allora, 'sti figli della famiglia benedetta, a farne dei Kalashnikov per combattersi? Ma avete un minimo di maturità, oppure i figli sono esclusivamente dei giocattolini che possono essere anche rotti e buttati via? E se vi impongono di non vederli, perché non vi fate un esame di coscienza sul vostro comportamento e sulle vostre smanie di possesso, invece di rompere i coglioni a tutto il mondo con le vostre storie e le vostre lobbies? Magari, se lo fate e se cambiate sul serio, poi il giudice i figli ve li fa rivedere senza problemi. Visto che ci tenete talmente tanto da mettere in mezzo persino i portieri del Brescia e Forza Nuova.

L'utente Pupistar Bianco (ma dove li vanno a scovare, 'sti nicknames?...) si augura di "leggere qualcosa di me una volta che l'avrò preso in quel posto". Se proprio ci tiene, può chiedere in qualsiasi momento notizie sull'alesaggio del mio orifizio rettale direttamente al numero telefonico 339.4723095 (cellulare) o allo 055.9060723 (fisso); oppure venirmi a trovare per una chiacchierata a Firenze, in via dell'Argingrosso 65/C (bus 9 dalla fermata Batoni della Tranvia). Non faccio nulla di nuovo, i miei numeri e l'indirizzo sono addirittura nell'intestazione del blog; c'è chi desidera (legittimamente) anonimizzarsi e c'è chi, come me, desidera invece essere sempre disponibile e visibile. Anzi, una bella comitiva di padri separati a casa mia farebbe anche piacere, portassero pure le loro ex mogli e dopo un po' garantisco che sarebbero meno disperati. Io sono un ragazzo molto bizzarro, e spesso mi riescono cose altrettanto bizzarre. Posso anche vedere di organizzare un servizio di babysitteraggio per i figli contesi, ci ho un gattone simpaticissimo e il mio cortile è pieno di cani (Salsiccia, la Diana eccetera).

L'utente Cassiodoro (al quale auguro di scrivere, a 92 anni, un trattato De Ortographia) invece si lancia in considerazioni su "fichesecche" e "asociali" che introducono nel coltissimo scambio sul forum (può non essere colto un dibattito dove si presenta Cassiodoro in persona...?) una nota goliardica che somiglia da vicino alle barzellette della Settimana Enigmistica: Per rinfrancar lo spirito fra un padre separato e l'altro. Attendo nel prosieguo dello scambio anche Gianni Telodice, l'Ispettore Varga, G. Dubol e il Corvo Parlante. La Susi no, la avessero a prendere a coltellate; e poi chi ce lo fa il Quesito?

Infine (almeno per ora, ore 0,36 del 29 settembre 2010, 74° genetliaco del papi separato Silvio Berlusconi), l'utente Mik si augura che "venga presto quel giorno", così potrò alfin "rileggermi l'articolo e darmi da solo gli appellativi che merito". Per quanto mi riguarda, mi do e continuerò a darmi un solo appellativo, consistente nel mio nome e cognome. Riccardo Venturi, curiosamente omonimo di un noto personaggio televisivo, nato a Firenze il 25 settembre 1963, essere umano non assimilabile, prenditore di strade pochissimo battute. Sulle quali sto benissimo.

Padri separati e figli sparati



Qualche giorno è toccato sorbirsi le lagne di tale Sereni, di professione portiere del Brescia. Il solito testimonial dei "padri separati", sul quale Repubblica si è tuffata a pesce (cosa assai in tema, visto il mestiere del tizio) in un momento in cui Sakineh languiva. Articoli, articoloni, articolesse e via discorrendo; poi, del tutto casualmente, si è venuto a sapere dalla ex moglie del tipo che lei non impedisce assolutamente al padre di vedere i figli, ma che il lamentoso & accorato paparino semplicemente non va a vederli. Bisogna capirlo: fra i duri allenamenti, le partite e le trasferte, è più comodo rilasciare un'accorata intervista al giornalone infamando l'ex sposa piuttosto che prendere un mezzo qualsiasi e andare dai figli che nessuno gli ha vietato di vedere.

Ieri, invece, il Quotidiano Nazionale (di cui fa parte anche la Nazione di Firenze) si è superato. Addirittura una mega-prima pagina dove campeggia l'immagine di tale Tiberio Timperi, dimenticabilissimo presentatore di telegiornali e altra paccottiglia televisiva, che qualche anno fa furoreggiava per il bell'aspetto e gli occhioni blé. Ora anche lui, va quasi da sé, padre separato già confezionato per fare da testimonial. Non soltanto la prima pagina: anche la seconda e la terza. Il paparino séparé, sui quotidiani del gruppo Riffeser, ha mandato in secondo piano persino Berlusconi e Fini. Vorrei risparmiare a tutti i contenuti degli articoli, dato che sembrano scritti con lo stampino; l'ex moglie messa al rogo, il commosso autoritratto del Timperi (tanto che una persona di normale raziocinio dovrebbe chiedersi come mai simili modelli di virtù a un certo punto siano stati mandati al gas dalle mogli), e tutto il resto. Però il QN ne approfitta anche, e pesantemente, per parlare delle furbette che si servono di una "legge ingiusta e fallimentare", e soprattutto per attaccare direttamente la legge sull'affido condiviso. Eccoci dunque al vero scopo di tutti questi (più o meno) famosi babbini lagrimosi, dai portieri di pallone agli ex presentatori bolliti, fino a arrivare ai tipi qualsiasi sui quali si precipita la Vita in diretta.

Nel frattempo, a cadenza pressoché quotidiana, un bel po' di padri separati fanno notizia in altro modo, e senza bisogno di testimonial. Pigliano i figli, li portano in campagna o in altri posti, e li ammazzano a fucilate. Talora non risparmiando nemmeno il cane. Hanno già preparato la commovente letterina (stile "vi veglieremo da lassù", che un bel riferimento al cielo fa sempre molta presa), si sparano una volta compiuto l'estremo atto d'amore ed eccoli già pronti per diventare santi. Sì, perché servono pure loro alla nobile causa. E tanto. Cosa importa se c'è una famiglia sterminata: hanno agito per amore di fronte alla perfida ex-moglie furbetta. E così i padri separati producono i figli sparati. E le mogli sparate, i cani ammazzati come cani, le figlie violentate, lo stalking e tutto il resto.

Ora, sia chiaro: non voglio dire che il signor Sereni e il signor Timperi siano dei mostri; sono solo dei poveracci che si prestano, colpevolmente, a una campagna tra le più odiose di questi tempi già di per sé odiosi. Anche perché, così facendo, sono utilizzati per coprire dei mostri autentici, degli schifosi esseri ammalati di possesso che non esitano a puntare un'arma addosso a un bambino e a fare fuoco. Il fatto che poi si ammazzino anche loro è irrilevante. Io ho rispetto estremo della disperazione e del suicidio, ma a condizione che non coinvolga altre persone e altri esseri viventi. Ho rispetto, anche per averlo visto coi miei occhi, della persona che decide di interrompersi, ma non di chi, per farlo, apre il gas e fa saltare un condominio intero. Anche perché potrebbe, in questo preciso momento, capitare anche a me. Nessuno mi dice che al terzo piano di via dell'Argingrosso n° 65 non ci sia uno che fra tre minuti mi fa crollare il palazzo addosso perché vuole suicidarsi. Io non voglio suicidarmi affatto. Non lo vogliono i bambini il cui padre intende punire la madre togliendoli dal mondo con un atto esclusivamente di odio. E non lo vuole nemmeno il cane che credeva di andare a correre su un prato.

Le persone che si prestano a questa campagna sono dei complici, e sovente dei complici di omicidi premeditati. Gli scopi della campagna sono chiarissimi. Si vuole togliere alle donne la possibilità di difendere i propri figli da uomini violenti; è chiaro che non tutti i padri separati sono tali, ma una legge e dei provvedimenti legislativi sono fatti, o dovrebbero essere fatti, per salvaguardare una comunità, non per soddisfare il singolo caso. Si dipingono le donne, in questa libera società vittime di ogni tipo di sopruso, di violenza e di prevaricazione, come le vere colpevoli: è un gioco vecchio e che funziona purtroppo sempre. Si crea un movimento di opinione basato sulla consueta commozione, quando però per le quotidiane tonnellate di violenza di morte ai danni delle donne non si commuove proprio nessuno. Anzi. Direi che nella stragrande maggioranza dei casi, il pensiero diffuso sia decisamente andreottiano: se la sono andata a cercare. I figli sparati? Poverini, è stato l'ultimo regalo d'amore del papà, diventeranno angioletti in cielo mentre la mamma marcirà all'inferno. Anche questi sono gli ottimi risultati di 2000 anni di cattolicesimo; del resto, è una religione che si basa su un padre che ha lasciato tranquillamente ammazzare un figlio, e in modo atroce. Sarà stato separato anche lui?

Succedono poi cose curiose, come quella illustrata nella foto sotto il titolo. Forse magari non lo sanno (o forse sì), ma i padri separati sono stati "sposati" anche da Forza Nuova. A Pavia (dove è stata scattata la foto), i forzanovisti si servono di loro perché non siano concessi appartamenti popolari a immigrati e rom: invece di dare le case a questi esseri subumani, diamole ai poveri padri separati! Insomma, si lasciano trasformare in oggetto di propaganda razzista (oltre che maschilista).

A questo punto restano due speranze. La prima è quella di non lasciar passargliene una, con un'opera continua di controinformazione, di confutazione, di esplicazione. La seconda è che i Padri Separati si decidano finalmente a costituirsi in ordine monastico: ci sarebbero così i Padri Scolopi, i Padri Maristi, i Padri Comboniani e i Padri Separati. Chissà che, nella pace claustrale, non trovino persino il tempo di andare a trovare i figli invece di parare rigori, presentare trasmissioni spazzatura, concedere interviste a quotidiani di merda e mettere anche loro un proiettile nella testa di qualche donna o di qualche bambino.

venerdì 24 settembre 2010

La congrega


Dice un proverbio che almeno mi hanno gabellato come tirolese: Se vuoi la luna, comincia col chiedere le stelle. Vorrebbe dire che, se si desidera una certa cosa "minima", o "ragionevole", occorrerebbe puntare prima direttamente a quella massima, o irragionevole. Credo che il proverbio tirolese non sarebbe dispiaciuto a un certo medico argentino, quello che considerava realista esigere l'impossibile.

Ecco, in questo paese le stelle, ovvero la cosa da esigere sarebbe stata l'eliminazione totale di ogni tipo di destra. La destra è la peste bubbonica, il cancro di questo paese; e per "destra" la intendo in ogni sua sfumatura. Dal liberalismo borghese che ha fatto da locomotiva al regime fascista fino al fascismo stesso, che del liberalismo è l'ovvia derivazione (e non mi si rompano troppo i coglioni con Gobetti). Dal democristianismo ai golpisti repubblichini e ai loro offsprings. Fino a arrivare al berlusconismo. Ogni tanto bisognerebbe, da queste parti, fare un bel bagno nel massimalismo e non aver paura se l'acqua è bella calda; poi è inutile, specialmente per certa sinistrina sempre a caccia del moderato e del cattolico, preoccuparsi per il revisionismo e assistere alle performances di Giampaolo Pansa, al pompaggio delle "foibe" e a tutto il resto. Il bagno massimalista farebbe (forse) capire una volta per tutte che i mali di questo paese sono stati provocati tutti quanti da un cocktail di destre, capitalismi, vaticani e confindustrie. Semplicista? Certo, volutamente. Anche perché un'altra specialità italiana è l'arte di incartarsi eternamente nelle sottili analisi e nelle acute intelligenze di ogni presupposta "parte".

Ci avevano provato, nel primo dopoguerra, a fare un po' di pulito. Naturalmente bloccato, anche col beneplacito del Migliore (accettazione integrale del Concordato mussoliniano nella Costituzione, amnistia ai fascisti). Il risultato è stato che l'apparato dello Stato è rimasto, nei suoi gangli vitali, in mano ai fascisti (si pensi ai famosi questori). La Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista, e già nel 1946 si forma il MSI. La macchina repressiva, la censura, il perbenismo, la finta democrazia nella quale sguazza anche il PCI. Un paese bloccato, una palude dove la risposta data ad una generazione che aveva provato a cambiare davvero qualcosa è stata il suo annientamento sistematico. Tutto questo, tra l'altro, ha impedito che si formasse una vera coscienza democratica estesa alla totalità dei cittadini. Per impedire gli effetti bisognava eliminare le cause. Andavano sradicate ricorrendo anche alla necessaria dose di brutalità. Tutto si può dire della DDR, fuorché non abbia eliminato ogni molecola di nazismo dal suo territorio (mentre all'ovest il nazista Hanns Martin Schleyer poteva diventare l'uomo più potente di Germania, prima di essere opportunamente eliminato dalla Rote Armee Fraktion). Poi si sarebbe formato, autenticamente, qualcosa di nuovo. Il male di questo paese si chiama fascismo, e il fascismo non solo non è stato eliminato, ma è stato prima protetto e poi fatto rifiorire. Non è il sangue dei vinti, ma due o tre goccioline di quello che poi si è rivelato il sangue dei vincitori. Perché hanno vinto sempre loro. La Congrega.

La luna, cioè la questione "minima e ragionevole"? Li vedete quei due signori nella foto sotto il titolo? Assai massimalisticamente, bisognerebbe reimparare a non fare distinzioni di sorta invece di blandirne uno in contrapposizione all'altro. Oramai siamo davvero alle comiche della democrazia rappresentativa che non rappresenta più niente e nessuno. Berlusconi non viene dal nulla, è la versione più aggiornata di germi che nella storia italiana esistono da secoli e secoli. La furbizia, il successo ottenuto coi soldi e con le protezioni, il proporsi come uomo della provvidenza e tutto il resto. Lo stesso vale per Gianfranco Fini, anche se in versione più "politica": l'ex pupillo di Almirante (e come Almirante ammirato dalle famose casalinghe: "ma come parla bene....!"), complice di Berlusconi in tutto e per tutto fino a pochi mesi fa. Due personaggi il cui squallore è pari soltanto all'immaturità politica e civile di un popolo crasso e addormentato. In Argentina, alcuni anni fa, di fronte a una classe politica che aveva portato il paese alla rovina, risuonò il grido: Se ne vadano tutti! Qui, non solo non siamo capaci di mettere tutto a ferro e fuoco per scacciarli, ma addirittura ci si aggrappa a Fini come a una specie di salvatore per far mancare la maggioranza al puttaniere di Arcore.

E sarebbe questa, allora, la democrazia? Vi lamentate perché la gente ha smesso di andare a votare? Ma che poi, anche se ha smesso di andare a votare, comunque con la Congrega ha sempre e comunque a che fare nella propria vita quotidiana, perché anche il più anarco degli anarchici deve guadagnarsi da vivere in un dato sistema e in una data realtà, e confrontarsi con legislazioni, leggi, tasse e provvedimenti che influenzano la vita di tutti? Allora, chiedendo le stelle, si cominci col cacciare fuori a pedate questi due pezzi di merda, che sono uguali e sodali. Si cominci con lo smantellare le loro organizzazioni di servi. E visto che, tra le loro armi principali, c'è sempre stata la paura inculcata coi loro potenti mezzi (la paura dell'altro, del diverso e di ogni cosa, perché la paura è un mezzo di controllo formidabile), si cominci a far prendere paura a loro, e sul serio. Via dai coglioni tutti e due, invece di considerare un fascista di merda come Fini come nuovo apostolo della democrazia. Da qualcosa si deve cominciare, e alla svelta. Per cacciarli tutti si cominci a cacciarne un paio, gli altri verranno da soli.

Intanto si dividono, ed è una barzelletta. A Firenze si leticano persino le stanze in consiglio comunale; pensate un po' come sarebbe se in Palazzo Vecchio entrasse un po' di gente incazzata nera e li spedisse a calci in piazza Signoria, facendo magari fare sia al palloniere Galli sia alla "finiana" Giocoli (autrice di indimenticabili interrogazioni intrise costantemente di quel razzismino spicciolo che attualmente va per la maggiore) via Calzaioli a pedate nel culo. Via la merda da Firenze e via la destra dall'Italia, che è la stessa cosa.




mercoledì 22 settembre 2010

Non-domanda il 1° vendemmiaio 219


Amica mia, ti prego, a Cupido
non puntiamogliela alla gola
la sua freccia.
Ci hanno tentato tanti innamorati
pagando con la loro felicità
questo sacrilegio.
Sono onorato
di non chiederti la mano.
I nostri nomi non siano scritti
in fondo a una pergamena.

Gli uccelli devono volare liberi,
o saremo tutti e due prigionieri
sulla parola.
Vaffanculo alle gran cuciniere
che appiccicano i cuori
ai manici delle pentole.
Sono onorato
di non chiederti la mano.
I nostri nomi non siano scritti
in fondo a una pergamena.

Venere spesso diventa vecchia
e è stranita davanti
all'untume di cucina.
Io no, non voglio a nessun prezzo
sfogliare la margherita
nel tegame del brodo.
Sono onorato
di non chiederti la mano.
I nostri nomi non siano scritti
in fondo a una pergamena.

Li si priva di ogni interesse
se si svelano troppo i segreti
di Melusina.
L'inchiostro dei bigliettini d'amore
svanisce presto fra le pagine
dei libri di cucina.
Sono onorato
di non chiederti la mano.
I nostri nomi non siano scritti
in fondo a una pergamena.

E può apparire rassicurante
mettere in salvo dentro a un vasetto
la marmellata.
Ma la bella mela proibita
cotta ha perso
il suo gusto naturale.
Sono onorati
di non chiederti la mano.
I nostri nomi non siano scritti
in fondo a una pergamena.

Di serve non ne ho bisogno,
e dal peso delle faccende di casa
sei dispensata.
Come a un'eterna fidanzata
alla signora dei miei pensieri
sempre io penso.
Sono onorato
di non chiederti la mano.
I nostri nomi non siano scritti
in fondo a una pergamena.



για Κ.Δ.

martedì 21 settembre 2010

Forse sono diventato sano (Un post per Monica)


In questi ultimi tempi provo una sensazione che non mi vergogno affatto a definire molto piacevole: quella di sentirmi con la testa a posto. La sensazione dei meccanismi riaggiustati, del pensiero che fila, del porsi coscientemente dei limiti, del riconoscimento finalmente sereno di quello che sono, nel bene e nel male. Probabilmente, in tutto questo c'entra anche un rapporto con la Rete molto, molto diverso da quello che avevo prima. La Rete mi piace sempre, scrivere quel che mi passa in mente è ancora una parte importante della mia vita, e la ritengo uno strumento di controinformazione, di espressione e di lotta dal quale non è possibile prescindere. Ma non cerco più nessun tipo di personaggio, di stupore, di diversità imposta o autoimposta; in breve, ho cessato definitivamente di voler meravigliare gli altri e, va detto, anche me stesso. Mi sono ritirato e non mi interessano più, nella maniera più categorica, i cosiddetti personaggi della Rete. Né anonimi, e né con nome e cognome. Sono diventato totalmente avulso da dialogatori, sofisti, rivoluzionari pixellanti, acculturati, complottatori esplicativi, citatori di letterati, didascaloidi, fissati cronici, fanatici del cantautore o del formaggio grattugiato, e compagnia bella. Questa era la premessa. Una premessa necessaria perché, in Rete, "pazzo" è spesso il massimo dei complimenti; ed è un complimento, e a volte anche un insulto, che mi sono sentito rivolgere un po' troppo spesso. Forse ero pazzo davvero, e a un certo punto ho sentito il bisogno di non esserlo più, e di non ricercare di esserlo. Da qui le contromisure. Le contromisure le mette in atto chi non sopporta più la follia, perché si è accorto che genera soltanto altra follia.

In questi giorni, ho letto anch'io del fatto accaduto a Rimini, dove lo zio ha ucciso la nipote e si è poi suicidato. L'ennesima donna ammazzata, preceduta da altre e già seguita da altre ancora. L'ennesimo aggiornamento del Bollettino di Guerra. Senonché, stavolta, ho appreso che c'era di mezzo uno di quei personaggi della Rete di cui parlavo prima, dato che l'assassino, tale Stefano Anelli, era piuttosto famoso in Rete, con lo pseudonimo di John Kleeves, per essere il solito coltissimo esperto di qualcosologia, scrittore di saggi anche pubblicati a stampa da un editore serio, complottista inveterato, ed altre cose ancora. Ho letto dapprima questa cosa in un sobrio ed assai condivisibile post su Paniscus, e poi ancora su un altrettanto interessante post su Kelebeklerblog. Spinto da curiosità, visto che tale personaggio sembrava essere così conosciuto, mi sono voluto un po' informare; dopodiché mi sono detto che dovevo vivere in un altro mondo, visto che di questo John Kleeves ne avevo sentito giustappunto parlare la prima volta proprio dall'articolo su Paniscus. Mi era, ebbene sì, totalmente ignoto. Non sapevo nemmeno che esistesse, mentre tutta la Grande Rete lo conosceva. E, realizzata la cosa, mi sono sentito immensamente bene.

Nei giorni successivi ne ho lette di tutte. Non voglio rendere conto della cosa, dato che già moltissimi vi si dedicano con una cognizione di causa che non ho e che non desidero avere. Apprendo che il tizio era un antiamericano viscerale, e la cosa mi ha automaticamente ricordato quel che Boris Vian disse a proposito della sua canzone Il Disertore, in risposta ad un consigliere comunale parigino che la voleva censurata: "La mia canzone non è assolutamente antimilitarista, ma violentemente pro-civili". Credo che uno dei segni principali della sanità mentale sia dosare bene il proprio essere contro e il proprio essere a favore. Specialmente in Rete, ci sono un po' troppi anti- senza nemmeno un filo di pro-. Di questi catastrofici apostoli del distruggere mi sono, come dire, fracassato i coglioni, così come delle loro solitudini, del loro essere incompresi, dei loro bruciori e di tutto il resto.

Ma non è questo, neanche, il punto. C'è una cosa che mi torna ancor meno, in tutta questa vicenda. Su questo John Kleeves, o Stefano Anelli, si stanno sprecando un po' troppe parole. La tragica vicenda sembra che riguardi soltanto lui. Nemmeno mezza parola, o al massimo una di sfuggita, per la nipote assassinata. La quale non era un personaggio di niente. Era una povera donna che si faceva la sua vita, e basta. Non era, probabilmente, anti-un cavolo di nulla. Non scriveva complicati saggi con ardite tesi, non si faceva recensire da Marcello Veneziani e non era oggetto delle attenzioni della bloggosfera. Si è ritrovata sulle scale di casa lo zio anti-tutto, che l'ha ammazzata come un cane (a volgari coltellate, e non con la "romantica" balestra). Mi sia permesso allora di riservarle, anche se purtroppo non serve più a niente, tutta la mia simpatia e il mio ricordo. A Monica Anelli. All'ennesima donna uccisa da un uomo, che naturalmente ha tutte le giustificazioni per essere pazzo, solo, deluso, incompreso, tormentato eccetera eccetera. Tanto più che di "John Kleeves" si continuerà a parlare; i suoi saggi e i suoi articoli -giusti o sbagliati che fossero- continueranno sicuramente a girare in rete, ad essere citati, ad essere letti e commentati. Di Monica invece non si parlerà più. Soltanto il tempo del fatto di cronaca. Che almeno qui resti il suo nome, da parte di uno che, in Rete, non vuole più avere nessuna indulgenza, neanche minima, verso la pazzia distruttiva. Ai cialtroni e ai folli sia riservato il silenzio più totale; e che si distruggano una buona volta da soli.

domenica 19 settembre 2010

La piccola vedetta Padana


Nel dvmila e ventisei, durante la guerra per accaparrarsi anche le ultime filiali del banco di San Gaspero e Sant'Ambrogio la liberazione della terra lombarda dal giogo e dall'oppressione di Roma ladrona, in un pessimo e tardo pomeriggio del mese di novembre un drappello di giovani nazistelli in camicia verde, alcuni dei quali decisamente obesi baldanzosi eroi della 59a Legione Padana Roberto Calderoli (così chiamata dal fvlgido eroe popolare che si era immolato agli inizi della guerra, sorpreso dal nemico mentre stava strafogandosi di cassœula virilmente combattendo) stava percorrendo un sentiero solitario nei pressi dell'Aeroporto della Malpensa, chiedendosi che mai fossero quegli strani apparecchi alati che solcavano il cielo della Patria. Guidavano il drappello un Ufficiale e un sergente, e tutti guardavano lontano, davanti a sé, con occhio fisso, biancheggiare fra le villette bifamiliari ed il frastuono di quegli enormi uccelli che non avevano mai visto prima, le divise degli avamposti nemici.

Arrivarono così a un anonimo condominio, circondato da un parcheggio pieno di SUV acquistati generalmente indebitandosi fino all'osso del collo, davanti al quale se ne stava tutto solo un ragazzo di una dozzina d'anni, che giocava con un decrepito Gheimbòi inveendo fra sé e sé contro quei pirla dei suoi genitori (i quali, per essersi voluti comprare un televisore al plasma da 1980 pollici al Mediauòrd, non avevano più i quattrini necessari per acquistargli una Pleistèscion). Da una finestra del condominio spenzolava una larga bandiera col Sole Patano; dentro non c'era nessuno: i condòmini, messa fuori la bandiera, se l'erano accuratamente telata con tutte le masserizie, erano andati tutti a combattere per l'indipendenza della Padania.

Appena visti i soldati della Calderoli, il ragazzo buttò da una parte il Gheimbòi e li salutò cordialmente con un: Vacca boja, ma fate davvero caghèr! Sembrate de' bovari appena un po' ritinti! Era un bel ragazzo dalla faccia a metà tra una tinca e un pesce persico, dagli occhi color Majonese Kraft avariata, coi capelli vnti di gel "Pierpaolo Mazzacurati" acquistatogli dalla mamma alla Lidl (prima che costei scappasse nella seconda casa a Varazze assieme al papà si desse alla macchia assieme al consorte); indossava una maglietta sì verde, ma con la scritta Carrozzeria Umberto.

Ma coss'è che ti fàghet?
, gli domandò l'Ufficiale; Perché non sei andato a combattere per la Padania assieme alla tua famiglia? Il ragazzo lo guardò con aria sorniona, e poi gli rispose: "Senti bellino, prima di tutto quei due assassini & merdoni dei miei se ne sono andati al mare, altro che a combattere per la Padania; e m'hanno lasciato qui da solo perché sulla Fiat Stilo hanno preferito caricare la TV al plasma invece che me, e non c'era più una sega di posto. E così ora 'sta cazzo di guerra mi tocca puppàmmela a me, capito?!?"

Preso atto della situazione, il sergente, che finora se n'era stato in disparte, ebbe l'ardire -peraltro immediatamente condiviso da tutto quanto il drappello, di chiedergli che mai fossero quegli arnesi che volavano sulle loro teste, financo scoperchiando i tetti delle villette abbandonate. "E s'ha a andà benino", gli rispose il ragazzo in preda alla più cvpa sconsolazione. "Scusassero, ma non avete mai visto degli areoplàni...?" Sui volti dei soldati si dipinse allora il più vivo stvpore.

"Hai visto passare degli Italiani?", gli domandò allora l'Ufficiale?
"No, in compenso ho visto passare circa una decina di volte il volo AZ 398 Malpensa-Berlino..."
L'Ufficiale stette un poco pensando: poi, lasciati lì i soldati, entrò nel condominio e salì sul tetto. Il condominio aveva quattro piani; dal tetto si dominava una cosa che un tempo doveva essere stata campagna, e che ora pullulava di altri condomini, casette col giardino, bocciodromi, hard-discount, Burger King, sessissiòppi, paninoteche, concessionarie della Ssang-Yong, altre villette e distributori di benzina della compagnia "Patan Fiùel". "Bisogna salir sul tetto", disse l'Ufficiale, e discese in preda a una crisi di vertigini che gli fece vomitare le tre pizze alla bresaola che si era mangiato alla "Pizzeria Bella Vimercate". L'ufficiale rimase un po' sopra pensiero, guardando ora il condominio, ora la massa di dementi che comandava i suoi valorosi soldati; poi tutt'a un tratto domandò al ragazzo:

"Giovane eroe, hai voglia di rendere un servigio importante alla Patria Padana...?"
"Chi, io? Ma veramente, per me, la Patria Padana potrebbe anche andà a fàsselo stioccà ner..."
"Ehm, va bene, va bene...insomma, senti, io di salì su qver tetto di merda non ne ho la benché menoma voglia, questi ignavi pelandroni arditi combattenti che comando non salirebbero nemmeno con l'ascensore, quindi guarda un po' di salirci tu se non vuoi che ti stacchi le palle e le serva alla truppa con le verdurine, stile carne Simmenthal...!"

In preda al più vivo rompimento di coglioni, misto al desiderio di ficcargli un raudo fischione acceso nell'orifizio anale amore per la Patria Padana e per il Comandante Supremo Renzo Bossi, il ragazzo si decise a prendere le scale raggiungendo il tetto non senza aver prima depositato una copiosa pisciata davanti all'uscio della sig.ra Bernasconi del III piano, che gli stava tanto sull'anima perché gli bvcava sempre il pallone minacciandolo talora di prenderlo a fvcilate con il 91 ancora funzionante del suo defunto marito.

"Sapresti dirmi quello che vedi di lassù, se ci sono soldati Italiani da quella parte, nugoli di immigrati clandestini, orde di finocchi atei, scimitarre che baluginano, palermitani con la lupara o maledetti portuali livornesi comvnisti?..."
"Sicuro che saprei!", rispose il ragazzo infiammato adesso dall'amor patrio.
"Che cosa vuoi per rendermi questo servigio?"
"Che cosa voglio?" -disse il ragazzo sorridendo- "Prima di tutto, una Pleistèscion nuova di pacca, con tutti gli accessori possibili e immaginabili; poi se mi procuraste un motorino tutto bello lucido che quei morti di fame dei miei non mi comprerebbero mai, poiché sono rimasto l'unico in tutto il circondario a girare ancora con una bicicletta scassata; in ultimo, anche qualche soldarello cash non mi farebbe mica punto scomodo...su, forza, frvgatevi o prodi!"

Sentendosi animato dalla più vivida ammirazione per il disinteressato eroismo del giovinetto, che metteva così a repentaglio la sua vita per la Padania, l'Ufficiale lo abbracciò promettendogli di rimediargli quel che voleva saccheggiando il minimarket di qualche sozzo extracomunitario. Il ragazzo tornò a salire le scale del condominio, mentre l'Ufficiale sogghignava pensando che tanto lo avrebbero fatto fuori all'istante.

In dve minuti il ragazzo fu in cima al tetto condominiale, avviticchiato a una canna fumaria, mentre cominciava a cadere una fastidiosa pioggerellina acida. L'Ufficiale lo vedeva appena, tant'era piccino lassù, anche se poteva udire chiaramente le scariche di colorite espressioni che il giovinetto lanciava all'indirizzo d'Iddìo, di Gesv', della Madonna e di tutti i santi.

"Guarda dritto e lontano", gridò l'Ufficiale. Il ragazzo, per veder meglio, staccò la mano destra dalla canna fumaria e se la mise alla fronte.
"Che cosa vedi?", domandò l'Ufficiale. Il ragazzo chinò il viso verso di lui, e facendosi portavoce della mano rispose: "Senti, non vorrei deluderti, o mio comandante Padano, ma, come dire, non vedo assolutamente un cazzo a parte il volo Air France delle 19,24 per la Guadalupa..."
"Ma ne sei sicuro...?"
"L'unica cosa di cui sono assolutamente sicuro è che solo un pampalüga come te potrebbe far salire un cristiano a far la vedetta in cima a un tetto ora che è già bujo pesto...o che Bossi non ve l'ha data una fotocellula...?"

Interrogandosi sul significato di quella misteriosa parola, fotocellula, l'Ufficiale padano rinnovò al ragazzo la sua più amorevole ammirazione, dicendogli: "O inclito combattente, guarda d'arrangiarti a vedere qualcosa sennò ti si lascia lì in cima a quel tetto per tutta la notte, così domattina ti ritrovano come Gec Nìcolson nella scena finale di Sciàiningh..."

Convinto immantinente dalla prospettiva di dover rimanere lassù per quella manica di mentecatti dall'ardore Patrio, il ragazzo cominciò a sparare a casaccio una quantità di cazzate superiori persino a quelle a suo tempo pronunziate dall'onorevole Vittorio Borghezio:
"Vicino all'Ingresso 12 dell'Aeroporto c'è qualcosa che luccica...paiono fucili mitragliatori AK 47 di fabbricazione sovietica, segno che ci sono i comvnisti..."
"E vedi gente...?"
"No, si saran nascosti in un carro armato cubano..."
Proprio in quel momento, una gragnuola di sassate, secchi di piscio misti a segatura, avanzi del Ciappi dato a' cani e tondini di ferro piombò sul capo dei combattenti Padani, provenendo dai condomini circostanti:
"Ma la fate finita di fare casino? Non ci fate sentire alla TV il sentityssimo derby Varese-Albinoleffe, e poi domattina s'ha da andare a laürààààà....!!!"

"Scendi, eroico ragazzo", urlò l'Ufficiale. "T'han visto."
"Sèèèè bellino, lo conosco il giochino! Mi vuoi fare scendere così niente Pleistèscion! Io rimango qui, anzi, guarda, proprio ora sto vedendo una colonna di òmini sessuali marocchini in divisa italiana che sta avanzando verso di voi con fare assai minaccioso..."
"Sì, sì, ok!", disse l'Ufficiale ordinando nel contempo a un suo fante di puntare il fvcile per abbattere quel maledetto moccioso. "Ora t'ho detto di scendere, eroico figlio della Padania immortale...però per favore, prima di scendere spostati un attimino a destra...ecco...bravo, così...."
"Guarda, coglione, che dietro di voi ci avete davvero una masnada di negri armati fino ai denti, e anche piuttosto incazzucch..."

Il giovinetto non fece in tempo a finire la frase, che l'eroico drappello di combattenti Padani si ritrovò circondato da un distaccamento della 41a legione "Erich Honecker" della Repubblica Socialista Italiana, interamente formato da sceltissime truppe di origine senegalese.
"Oh, io ve l'avevo detto...", urlò dal tetto il ragazzo, lievemente sogghignando. "Ah, dimenticavo però: questi qui son quelli espulsi negli ultimi anni grazie alla Bossi-Fini, ce ne sono diversi che hanno passato un po' di tempo nei CIE e di solito non fanno prigionieri..."

Due ore dopo, pasteggiando con le generose razioni dei combattenti Padani eliminati, il comandante del distaccamento, tenente colonnello Mamadou N'Dioussa, si rivolse amichevolmente al ragazzo:

"Compagno Mehmet, vedo che anche questa volta hai fatto un buon lavoro..."
"Compagno tenente colonnello, a scuola sono il migliore in lingua italiana e ho anche imparato alla perfezione il dialetto di queste parti...basta che mi metta una maglietta verde e mi scambiano tutti per padano...certo che anche quei venduti dei miei potevano darmi una mano invece di scapparsene al mare, ma mio padre s'è fatto un culo così in fabbrica per comprarsi quel maledetto televisore..."
"Cerca di capirlo se puoi..."
"E mica se lo immaginano che sono nato a Valona..."
"E tu continua a non farlo immaginare..."
"Ma figurati, è già il sesto drappello di leghisti a cui combino lo scherzetto del condominio vuoto e del tetto...però la prossima volta, vacca troia, arrivate un po' prima sennò va a finire che qualcuno di quelli mi spara sul serio...! "


Per il raccontino qui sopra sono debitore non soltanto a De Amicis e al "Cuore", ma anche e soprattutto a Federico Maria Sardelli e al suo "Il libro Cuore (forse)".

martedì 14 settembre 2010

Vedi Nucara



Vedi Nucara, è difficile spiegare,
è difficile parlare di poltrone e di prebende,
Vedi Nucara, tutto quel che si può dire
è che non cambia mai niente, e che nulla è differente.
Vedi Nucara, siete tutti dei grand'ani*
ma non prender la parola in un senso che non ha.
Vedi Nucara, è difficile spiegare,
è difficile capire se non hai capito già.

Vedi Nucara, certe crisi son soltanto
come cifre su un assegno che si vuole far salire,
Vedi Nucara, so che hai aspettato anni
per avere l'occasione d'un sepolcro da cui uscire.
Vedi Nucara, di milioni e di sorrisi
quello ne ha quanti ne vuole, in immensa quantità.
Vedi Nucara, è difficile spiegare,
è difficile capire se non hai capito già.

Capirai quando una certa mattina
ti vedrai sul tavolino una copia del Giornale
che racconta di tre o quattro tredicenni
e di quel certo festino nella casa del Cinquale,
ed allora correrai da Paperone
ovviamente parlerete di Responsabilità,
Vedi Nucara com'è facile a spiegare,
com'è facile capire se non hai capito già.

Hai imparato da La Malfa e Spadolini,
coi tuoi venti deputati fai lo stesso gioco ora,
anche se tanto tempo oramai è, non dimentico perché
questo tempo dura ancora.
Non cercare d'invocare la ragione,
sempre è la stessa cosa che lo stesso schifo fa.
Vedi Nucara, com'è inutile spiegare,
com'è inutile capire e lo hai capito già.

Tu vuoi molto anche se non è abbastanza
e la vedi la distanza che è fra i suoi quattrini e tuoi,
tu vuoi dindi, forse sono ancora pochi,
e continui coi tuoi giochi così avrai quello che vuoi.
Un ministero tanto per accontentarti,
sulla cifra poi si tratta, prima o poi bene ti andrà,
Sii contento dei vaìni che tu avrai,
te li dà così vedrai che ti leva dal Giornà',
poi, magari, per la squadra del tuo Prì
lui ti compra Espadolinho, gioca meglio di Kakà...
Vedi Nucara, com'è facile spiegare,
com'è facile incassare, se non hai incassato già.


*NB. Ovviamente va presa nel senso di "finiani, repubblicani, liberani, democrani, fasciani, legani, berluscani, fassiani, caimani, stracquadani" ecc. ecc.

lunedì 13 settembre 2010

Sveti Izvor, Iturbegi Saindua


I due signori che si vedono nella foto sopra sono Saturno e Sugo. Saturno e Sugo sono i loro nomi di battaglia quando erano ragazzi; e quando erano ragazzi erano tempi da cani. Saturno ha, credo, più di novant'anni; Sugo ne ha ottantaquattro. Sono gli unici due ancora vivi di questa cosa qui sotto, ricordata da una targa:


Due partigiani.
Sugo lo conosco da anni e anni. Alcuni giorni fa mi era venuto all'improvviso in mente che siamo gli ultimi che potremo dire di aver conosciuto dei partigiani ancora in vita, di averli sentiti raccontare la lotta di liberazione dalla loro voce, di aver mangiato e bevuto con loro, di averli visti sorridere e all'improvviso rabbuiarsi quando parlavano, o semplicemente ricordavano, dei ragazzi come loro che lo erano rimasti per sempre.

Per arrivare in Fontesanta, c'è una stradaccia che manco vi immaginate.
Ci andiamo ogni anno, in settembre; si caricano dei furgoni (propri, presi a noleggio, prelevati in modo fantasioso) e si stipano di panche, di tavoli, di pentole, di griglie, di strumenti musicali, di roba da mangiare, di vino. Perché è una festa, ed è una festa che è due cose. La prima è che non ce la leva nessuno, e la seconda è che ce la facciamo tutta da noi. Senza chiedere un contributo a nessuno. Alle nove del mattino ci presentiamo coi furgoni, e giù a sfacchinare per caricare. Poi c'è da fare quella strada di cui vi dicevo prima, una strada che il Comune di competenza si rifiuta non dico di asfaltare, ma nemmeno di sottoporre a degli interventi minimi di manutenzione. Ogni anno è peggio. Arriverà il momento che non ce la faremo più a salire su coi mezzi, e allora si dovrà inventare qualcosa.

Poi si mette a tavola la gente, perché ce ne viene tanta.



In mezzo a un bosco in un posto impervio, perché i partigiani mica stavano in posti comodi. Stavano a fare una repubblica democratica fondata sul lavoro; e, pensate un po', ci avevano delle armi. Poche e malmesse, spesso. Però sparavano. Non stavano a chiedersi se con la violenza si ottenesse qualcosa o meno, e non erano gandhiani (quelli che usano spesso questo aggettivo lo sbagliano regolarmente: scrivono ghandiani, gandiani, ganhdiani ma quell'acca dopo la di non ce la fanno proprio a metterla). Sparavano ai fascisti e ai nazisti. E venivano feriti. E morivano. Cose semplici, elementari; ma ora non ce n'è quasi più nessuno vivo. Bisogna dirle e ridirle, allora. Sono loro stessi, con le voci sempre più deboli che rimangono loro, a dirci di non fare né miti e né idealizzazioni. Ci dicono di fare soltanto memoria e di prendere, se possiamo, il testimone della staffetta.

Un bambino, uno dei tanti presenti coi genitori, e coi cani, ha fatto dei disegni:



È curioso, e interessante, vedere come un bambino rappresenta cose lontanissime, sentite raccontare in casa, elaborate dalla sua mente. Il partigiano ha una chioma che sembra quella di un allegro personaggio di un fumetto, ha in bocca qualcosa che somiglia a una sigaretta perché i partigiani fumavano tutti e le sigarette non le avevano o se le facevano con chissà cosa; ha il fazzoletto rosso con la stella; e sorride. Il fascista è un "coso" tutto nero. Ha una chioma corta e la svastica al collo. Non fuma. Ha la pistola. E non sorride.


Questi due,
e sono sempre Saturno e Sugo, raccontano che lassù in montagna si cantava un sacco. Prima di tutto non si cantava affatto Bella Ciao, che "nessun partigiano vero ha mai cantato"; cantavano Insorgiamo. Poi cantavano anche canzonacce da osteria, la Teresina compresa, e si facevano delle risate da matti. Sugo guardava la roba che si stava preparando e aveva come l'aria di dire: a avercela avuta noi. Di quel che mangiavano lassù non ne parlano mai, ché forse guasterebbe l'appetito a tutti. L'arietta fina si fa sentire, mette fame. E noi si va a comprarla, la roba da mangiare. Loro dovevano andare a procurarsela, che è una cosa ben diversa.


Insomma, sì, ci si fa una mangiata colossale (ma senza buttare via niente: la roba avanzata si rimangerà nei prossimi giorni), e poi, almeno in alcuni casi, si crolla:


Anche perché il lavoro da fare è stato tanto, e tanto ce n'è ancora da fare; lavare, sbaraccare, pulire, ricaricare i furgoni, rifare la stradaccia che in discesa è ancora peggiore che in salita, riscaricare tutto al...


...a quel posto scritto in basso a destra sullo striscione. Sugo ci viene da sempre, a quel posto. Lo dico perché in questi giorni, a proposito di un certo fatto successo nei giorni scorsi, in vari posti ne ho sentite e lette di tutte; a cominciare, naturalmente, dagli epiteti di ragazzotti, di borghesi, di figli di papà che popolerebbero i centri sociali.

Come dire: o andateglielo a dare a Sugo e a Saturno, di ragazzotti; eppure non avevano mica dubbi né tante profonde analisi politiche. Ma non solo a Sugo e a Saturno; andatelo a dire anche a quelli di mezza età, o ai ragazzi veri. Magazzinieri, ospedalieri, operai, precari, disoccupati. C'è persino uno spazzacamino. C'è uno che monta sugli alberi e li pota. E, fra tutte queste persone, ci sono indagati, c'è chi è stato in galera, c'è chi ha una condanna in primo grado a sette anni per aver manifestato contro una guerra ed essere stato pestato dalla polizia, denunciati, schedati, convocati. Secondo voi, gliene importerà qualcosa di elezioni, di schieramenti, di còmprola e Vèndola?

C'è che si fanno atti politici, e atti di militanza politica. Prendendosene le responsabilità. Non solo condannati e solonati dai signorini della nunviulenza o dei calcoletti elettorali, ma anche -spesso e volentieri- insultati. Ma sapete cosa accidente ce ne importa. Il valore di quel che facciamo, lo sappiamo; e lo sappiamo proprio in questi tempi di palude mefitica. Di errori ne facciamo parecchi, ma non quello di non considerare le nostre azioni. Neppure tirare qualcosa addosso a un servo venduto. E considerando tali cose sia come sbagliate a priori, sia come atti di cuore ma non di cervello commettete un errore: quello di voltare la testa da un'altra parte perché avete una paura beccarona. Ed è un errore che pagherete carissimo. Oltretutto non vi farà nemmeno vincere le vostre beneamate "elezioni".

Poi, certo, qualche volta ci si va anche a divertire, a fare festa.
Quando, a settembre, si va in Fontesanta, per le strade non c'è nemmeno un manifesto che lo annuncia. Eppure lo sanno tutti quanti; ed il bello gli è che ci vengono. Sciroppandosi la stradaccia di merda che il Comune non rimette in sesto. Andando su alla casetta che i partigiani stessi riadattarono un po' per ripararsi prima di scendere in città a liberarla dai nazifascisti. C'è gente di tutti i tipi, mica solo i frequentatori del centro sociale. Ci sono le famose famiglie. Ci sono i pugni chiusi. Ci sono i comunisti e ci sono gli anarchici. Ci sono persone di cui sembrate ignorare l'esistenza, ma forse -più semplicemente- di cui la temete.

L'anno scorso c'erano altri due o tre vecchi partigiani della Sinigaglia. Quest'anno ne sono rimasti in due. Vorrebbe retorica che se ne sentissero il peso addosso, gravi d'anni e di fatiche, stanchi, sfiduciati, "disillusi". Talmente disillusi che, ne sono certo, il Sugo fra due giorni sarà di nuovo a fare casino, a raccontare, a proporre. Se tanto mi dà tanto, un fumogenino a un "sindacalista" prezzolato lo tirerebbe anche lui; porrebbe qualche problema a chi ciancia di immaturità e di inesperienza. Lasciamo quindi la disillusione ai suoi professionisti; ci stanno tanto comodi e belli al calduccio.

Qualche anno fa, mentre passava una delle prime fiaccolate dei fascistelli fiorentini con la loro storiellina delle foibe, 150 bischerelli che formavano un lugubre corteo, fu organizzata una contromanifestazione nelle vicinanze: s'era in quasi 4000. Più vicini non si poteva andare, anche se lo avremmo fatto volentieri; ma, naturalmente, quei fulgidi ribelli non conformi erano protetti da un cospicuo schieramento di questurini. Qualcuno ebbe l'idea di issare su una canna lunghissima una bandiera jugoslava con la stella, e di sventolargliela ben bene perché la vedessero, quei maiali. E la videro, perché il loro caporione (uno messo lì dal camerata Fini Gianfranco, ma ora passato armi e bagagli al Nano) ne parlò dal palco. C'era anche quella, oggi in Fontesanta, di bandiera. Per questo la prima parte del titolo di questo post è la traduzione di Fontesanta in lingua serbocroata. La chiamo ancora così. Non vi fate infinocchiare dai nazionalismi: tra il serbo e il croato ci sono meno "differenze" che tra il fiorentino e il pratese.

Io, invece, di bandiera ne ho portata un'altra. Si chiama Ikurriña. Sugo ha detto una cosa importante. Ha detto che lui e i suoi compagni erano lassù, da ragazzi, sì per liberare Firenze. Ma non soltanto. Ci erano, e soprattutto, perché credevano nella fratellanza dei popoli, e che lottavano per un mondo dove questa potesse esistere. Bratstvo i Jedinstvo. Per questo la seconda parte del titolo di questo post è la traduzione di Fontesanta in lingua basca.


Ma dovrebbe essere un titolo in tutte le lingue del mondo, nessuna esclusa. Da questo bosco fitto dove quasi si aspetta che, da un momento all'altro, saltino fuori Robin Hood e la sua banda. Del resto, anche il loro bosco era santo: "Sheer-", il primo elemento del nome di Sherwood, è un'antica parola anglosassone che significa proprio "santo, sacro". E, invece, c'erano Sugo, Saturno e la brigata Sinigaglia; e Fontesanta si direbbe Sheerwell.

Incastonata su una parete della casetta in Fontesanta c'è, pensate, una Madonna. C'è pure il caso che qualcuno di quei partigiani la pregasse. E c'è persino qualche forte probabilità che lei, col suo bambino in braccio, oggi come allora rispondesse con un bel pugno chiuso. Magari i disegni del Partigiano e del Fascista li ha fatti quel suo bambino, una volta un po' cresciuto e salito in montagna a farsi crocifiggere per la Libertà.


domenica 12 settembre 2010

Campagne acquisti


CESENA-MILAN 2-0 (2-0)
CESENA (4-3-3): Antonioli 6.5; Ceccarelli 7, Von Bergen 6.5, Pellegrino 6.5, Nagatomo 6.5; Appiah 6.5, Colucci 6.5, Parolo 7; Schelotto 7, Bogdani 7(dal 36' s. t. Malonga 6), Giaccherini 7(Cavalieri, Lauro, Jimenez, Benalouane, Tachtsidis, Piangerelli). All: Ficcadenti
MILAN (4-3-3): Abbiati 7; Bonera 5, Sokratis 5, Thiago Silva 6 (dal 1' s. t. Abate 6), Antonini 5.5; Gattuso 5.5 (dal 19' s. t. Inzaghi 6), Pirlo 5, Ambrosini 5.5; Pato 5.5, Ibrahimovic 5, Ronaldinho 5(dall'11' s. t. Robinho)(Amelia, Jankulovski, Zambrotta, Boateng). All: Allegri
ARBITRO: Russo di Nola
MARCATORI: Bogdani (C) al 31', Giaccherini al 44' p. t.
NOTE - Spettatori 21.058. Ammoniti Ambrosini per gioco scorretto. Angoli 9-12. Recuperi 2' pt, 3' st. (11 settembre 2010)

giovedì 9 settembre 2010

Ehi, Pastò' ! (Uppodatato Versione 3.0)


Sent' un poinìno, pastore Gionz, ora che 'un tu bruci più i' Corano, che ci verresti qui a brucià n'i'foho facciamo un 250.000 copie di Libero e d'i' Giornale, Fertri compreso? 'Un ti dice nulla nessuno, tu po' fà' tutt'i foherelli 'he ti pare, produci energia arternatìva e magari du' o tre scimbardose si convertano pure alla tu' hiesa! Pensaci! 6 piemme - 9 piemme e ti si fà assaggià' anche un peposo dell'Impruneta!

Nota. Poiché il pastore Gionz ha già cambiato idea, e sospetto che lo farà ancora nelle prossime ore, si impone un

UPPODATAGGIO MONITORATO

che manterrò su questo post. Ecco dunque la Versione 2.0:

Sent' un poinìno, pastore Gionz, ora che 'un tu ribruci i' Corano, fatta la 'hosa che ci verresti qui a ribrucià n'i'foho facciamo un 250.000 copie di Libero e d'i' Giornale, Fertri compreso? 'Un ti dice nulla nessuno, tu po' fà' tutt'i foherelli 'he ti pare, produci energia arternatìva e magari du' o tre scimbardose si convertano pure alla tu' hiesa! Pensaci! 6 piemme - 9 piemme e ti si fà assaggià' anche un peposo dell'Impruneta e, in via del tutto eccezionale, anche un gelatino d'i' Vivoli!

UPPODATAGGIO MONITORATO - VERSIONE 3.0 (10/9, ore 13.36)

Sent'un poinìno, pastore Gionz, ora che i' Corano 'e 'un tu lo ribruci più un'artra vorta (e l'è rinova!), che ti decidi a venì' qui a ri-ribrucià n'i'foho facciamo addirittura un 300.000 copie di Libero e d'i' Giornale, Fertri compreso? 'Un ti dice nulla nessuno, tu po' fà' tutt'i foherelli 'he ti pare, produci energia arternatìva e magari du' o tre scimbardose (forse anche quattro) si convertano pure alla tu' hiesa! Pensaci! 6 piemme - 9 piemme e ti si fà assaggià' anche un peposo dell'Impruneta, un gelatino d'i' Vivoli e un panino 'ho i'lampredotto da i' Gala e Spannocchia in piazza dell'Isolotto (ma dopo i' gelato perché tu ciavresti anche gratinato i coglioni ora)!

Due chiacchiere con Poldo



Io sono fatto, può darsi, un pochino a modo mio. Ad esempio, in tempi non sospettabili dichiaravo costantemente di detestare la Pianura Padana; poi il destino mi ha fatto vivere per un po' in mezzo a' monti, e allora mi sono accorto che la gran pianura assomiglia di più al mare, e che del mare ha non di rado le onde e i segreti. Tutto questo, naturalmente, in tempi in cui soltanto l'aggettivo "padano" suscita reazioni, diciamo, contrastanti al massimo grado; ma la pianura, senza con questo voler fare minimamente il guareschiano (ché proprio non mi atterrebbe), è ben al di sopra di queste cose. Molto, molto al di sopra.

Poco fuori Piacenza, alla confluenza fra il Trebbia e il Po, c'è un posto molto particolare; di quelli che proprio bisogna andarci con qualcuno del posto. È la chiesa, credo di recente riconsacrata, del Camposanto Vecchio di Borgotrebbia. Borgotrebbia è un sobborgo popolare della città, di quelli che si guadagnano soprannomi vecchio stile: lo chiamano, infatti, Tobruk. La cosa mi ricordava un po' gli Sciangai e le Coree di Livorno, mentre ci s'inoltrava lungo una strada improbabile, alle cinque d'un pomeriggio scuro eppure afoso e gli uccelli volavano bassissimi a presagir acquate. Il mare, appunto; e non soltanto perché molti di quegli uccelli erano gabbiani che, oramai, in pianura sono quasi stanziali. La chiesa è sul ciglio della strada; subito dietro di essa parte una stradina che si perde, si perde, si perde. Persone a piedi coi cani, altre che fanno jogging; un enorme ramarro giallo cangiante sul verde spiacciacato sull'asfalto. E via verso un presupposto argine, camminando, camminando.

La chiesa però si vede sempre, come una specie di faro. Più te ne allontani, cercando l'argine e i fiumi che forse ci sono, o forse no, e più te la senti dietro. Quasi camminasse insieme a te. Ma sono, probabilmente, suggestioni di un pomeriggio di fine estate; la storia di quella chiesa un po' la conosco, addirittura ne hanno parlato tempo fa a Chi l'ha visto?, ed è una storia di quelle che, normalmente, mettono qualche brivido. Per anni è rimasta sconsacrata ed è servita, sembra, ai culti satanisti di mezza Piacenza. Ci facevano, dicono, le messe nere. Ora l'hanno rimessa in sesto, sul cancello della canonica a fianco c'è pure un fiocco azzurro e si sente il pianto di un bambino piccolo, da una finestra. C'è anche un club di qualcosa, non mi ricordo se di scacchi, di canottieri o di amanti dei pissarei e fasö; la normalità, insomma, ha ripreso il suo corso, e sarà anche meglio così. L'argine cammina i suoi passi, qualcuno muore il ramarro e sotto il cartello d'una qualche foce hanno fatto il nido le vespe. Sassi mentre si scorge un'acqua d'una golena, e il cielo si abbassa ancora coi suoi voli. Tutto, sì, nella normalità; anche se è una normalità che scopro poco a poco col mio andare sgraziato. Tutto, se non fosse per Poldo.



Poldo è quel ragazzo che si vede lassù in cima alla chiesa; e che ce lo abbiano messo, qualche secolo fa, è comprensibile. È la chiesa d'un cimitero. Ora, d'accordo le suggestioni, la strada che si perde, l'argine e il cielo basso; però, io, quando vedo un Poldo coi suoi ossi incrociati, zìc e zàc, all'improvviso ridivento Etrusco. Da queste parti non so quanto siano abituati agli Etruschi, e ognuno ha il suo modo di mostrar rispetto e considerazione a Sora Morte; gli Etruschi, generalmente, ci si mettono a chiacchierare e possibilmente pigliandola un pochino per il culo. "Ehilà, bell'òmo!", gli ho fatto; e quello aveva l'aria un po' non so come dire.

Bisogna anche capirlo. È stato messo lì a terrorizzare e non dubito che, fra cimiteri, dìi e sàtani, fra mesti e lugubri convogli, fra ragionieri di S.Rocco al Porto e bariste di Agazzano che adoravano il Demonio, fra jogghisti della domenica e coppiette appartate, abbia assolto egregiamente al suo compito senza preoccuparsi che, in questi tempi moderni, esistono le radiografie e come diventeremo dopo crepati lo si vede perlomeno qualche decina di volte ancor da vivi. Ossi. Ecco, io quando vedo uno scheletro con gli ossi incrociati prima di tutto lo saluto, poi lo chiamo Poldo e infine mi ci metto a conversare per un paio di minuti; passato il primo momento di smarrimento, ho visto appunto l'ossicino destro farmi un cenno di saluto e poi una vocina che mi diceva: finalmenteeeee...

Siccome, nonostante tutto, sono molto educato, gli ho chiesto come andava e se non s'annoiava un po' lassù, sempre a fare spavento e ad incombere sui passanti; gli ossi, allora, hanno fatto un gesto inequivocabile. Gli sarebbe piaciuto un sacco, mi ha detto, scendere almeno un'oretta a sgranchirsi, farsi una passeggiata e persino un bagno di nascosto nel fiume. Invece nisba; sempre lì a camposantare, a satanare, a farsi riconsacrare, per non parlare dell'osteoporosi sempre in agguato. Intuiva che non sono di queste parti, e non soltanto per la parlata; però qualche volta s'era anche divertito a far sentire certi scricchiolii sinistri nelle domeniche sere di nebbia fitta, oppure un batter di denti, o altri giochini che non se li immaginano né il sor parroco, né gli sdiavolatori. Però, e gli ho creduto all'istante, era contentissimo che lì accanto fosse nato un bambino. Magari sarebbe sceso volentieri a giocherellare, ma immaginatevi voi la mamma che va a dargli la pappa e lo trova in compagnia del teschio Poldo con gli ossicini.

"Senti, ma non è che mi porteresti a fare un giro...?", mi ha chiesto. Assai dolente e compunto gli ho detto che non ci sarebbero stati problemi, a condizione che scendesse da solo da lassù. Soffro di vertigini anche se monto su un muretto, figurarsi in cima a una chiesa; minimo cascherei di sotto andando seduta stante a tenergli sì compagnia, ma in forma del tutto simile alla sua. Poldo e Poldone. Un po' deluso mi ha detto che capiva, ma che magari la prossima volta, se ripasso...

Già, se ripasso. Ci ripasserò senz'altro, prima o poi. E so già cosa chiedergli, quando scendera facendo clàc clàc un martedì pomeriggio di primavera, mentre trombano le drosofile e fioriscono gli equiseti. Gli chiederò di resuscitare il ramarro. E ce ne andremo a fare quella benedetta passeggiata, magari lui sa bene come raggiungere il grande fiume nella pianura e ci facciamo pure un bel bagno in un posto tranquillo. Glielo ho promesso, e se per caso qualcheduno si stupisse di vedermi in compagnia d'un teschio, tireremo dritti. E ci faremo anche delle gran risate; assumerò, giunti a una pioppeta, un'aria solenne e gli dirò: Fratello, ricordati che devi vivere! E lui: Sì, sì...mo' m'o'o segno.

mercoledì 8 settembre 2010

Bongiorno e Bonanni


Giusto giusto un anno fa, l'8 settembre 2009, moriva Mike Bongiorno. Non ve ne ricordate? Ovviamente no, a parte qualche sparuto blogger e la ministra Gelmini. La quale, oggi, si è veramente superata; per lei, infatti, bisognerebbe ricordare Mike quando si studia la Costituzione. Non ci credete e/o non avete voglia di cliccare sul link? Beh, sarò asociale quanto vi pare, però non dite che non fornisco tutte le agevolazioni necessarie; riporto quindi in toto la dichiarazione che la ministra ha fatto ieri alla Fondazione Mike, a Milano:

"Bisognerebbe ricordare lui, quando si studiano i principi della carta costituzionale. Mike dovrebbe stare nell’ora di educazione alla cittadinanza perché è stato un buon cittadino. Alla vigilia delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia la scuola deve ricordare Mike Bongiorno."

Il bello, nonostante i commenti generalmente tra l'indignato e il sarcastico che seguono l'articolo di "TV Blog" riportato, è che la Gelmini ha probabilmente ragione. Questo paese, nella sua essenza più profonda, è assai più vicino a Mike Bongiorno che ai lontani e fumosi "padri" della carta costituzionale (espressione nella quale, ora come ora, l'aggettivo costituzionale potrebbe tranquillamente essere sostituito con igienica senza che nessuno se ne accorga o abbia qualcosa da ridire). Ad esempio, la suddetta carta recita nel suo famoso incipit che l'Italia sarebbe una repubblica democratica fondata sul lavoro.


Ave, ave, ave, avevamo versato il sangue eccetera. Eccetera. Ma poi, siamo così sicuri che 'sto sangue lo avevamo versato davvero? Si fa a volte un uso improprio della prima persona plurale. Il sangue lo avevano, casomai, versato altri. Lontanissimi. E qui si scorda molto in fretta: dopo un solo anno nessuno più si ricorda neppure di Mike Bongiorno, figuriamoci di quegli ectoplasmi del lavoro. Così, oggi, abbiamo subito una naturale evoluzione temporale: da Bongiorno siamo passati a Bonanni. Chissà, fra un anno passeremo a Bonsècoli, e l'anno dopo a Bommillenni, e quello dopo ancora a Boneòni.

A proposito, oggi sembra che qualcuno abbia sentito l'improcrastinabile impellenza di andare a ricordare a questo Bonanni qui alcune cose, impedendogli di parlare a una non meglio precisata festa democratica, perché si sa che la democrazia è una festa. C'è anche qui a Piacenza dove sto in questi giorni, una festa democratica: si chiama, pensate un po', "Baciami ancora". Insomma, uno va alla festa democratica e viene baciato, da chi gli capita. Siamo baciati da una buona stella, in questo paese. Naturalmente, coloro che sono andati a contestare Bonanni sono stati immediatamente sommersi da un coro di squadristi, squadristi!. Antidemocratici, va da sé. Sono la gente che non bacia. E che non è baciata. Però non vorrei sciupare l'allegria, visto che questo è un post che parla anche di Mike Bongiorno. Rovinerei l'atmosfera. Già mi è toccato spendere qualche parola su una carta costituzionale, che non è proprio il massimo della gioia; anche se in certe sue parti ha una sua certa qual comicità (tipo dove parla dell'Italia che ripudia la guerra, oppure dove vieta la ricostituzione del disciolto Partito Fascista in ogni sua forma; ma anche dove dice che l'Italia promuove le scienze e le arti non è male, devo dire). Occorre quindi tornare urgentemente a qualcosa di divertente.

Ad esempio, mi dicono che 'sto Bonanni qua sarebbe il capo di un sindacato. No, via. Qui nemmeno Pippo Franco e il Bagaglino intero sarebbero potuti arrivare a tanto in uno dei loro irresistibili sciòvz. Nelle analisi del fatto, tra le quali vorrei segnalare questa, trovo che ci sia un errore di fondo: quella di considerare uno come Bonanni non dico come un sindacalista, ché poi mi appare Joseph Emmanuel Hägglund detto "Joe Hill" e mi tira le orecchie e forse anche un calcio nelle palle. Già faccio non poca fatica ad immaginare Bonanni come qualcosa; e pensare che è nato in un posto che si chiama "Bomba". Beh, ora spero d'aver ripristinato l'allegria propria di questo paese dell'Amore. Bonanni è nato a Bomba. È uno spettacolo. L'errore di fondo è giustappunto questo: quello di considerare un Bonanni come quel che non è. Sindacalista? Ma no, è un cabarettista; e il paragone di prima, quello col Bagaglino, non è casuale. Cabaret di bassa lega e ligio al potere. Cabaret di servi che vanno a esibirsi nei teatrini di periferia, alle feste -democratiche o meno-, alle sagre. E non è strano che in questo paese i contratti di lavoro vengano demandati a dei guitti, o meglio a dei burattini.

Non ci si stupisca, quindi, né tantomeno ci si indigni, se a volte il pubblico protesta e interrompe lo spettacolo. Una volta, perlomeno, ai teatrini e all'avanspettacolo tiravano pomodori e uova marce senza che nessuno avesse da ridire; probabilmente, da queste cose, ci saranno passati anche Totò, Tino Scotti o Vittorio Podrecca; figuriamoci un Bonanni. Dicono tanto di volere un paese normale, e poi se succedono cose normalissime come cacciare a pedate nel culo dal palco un attorucolo di serie Z che sa fare male persino il servo, partono le indignazioni e le solidarietà; anche se forse sono dettate dalla paura di fare, non a brevissimo ma nemmeno a lunghissimo termine, la stessa fine. Ma si torni infine, e giojosamente, a celebrare Mike Bongiorno come padre della Patria; ché la Patria, di per sé, è una cosa terribilmente comica e, inoltre, come il Rischiatutto, può far vincere tanti bei soldoni a chi la sa bene.

Lettera aperta a Red a proposito di certe visite e del Chili al basilico


Most beloved Red,

Ti scrivo in preda, il faut que je le dise, ad un'intera e curiosa bottiglia di Bonarda. Sull'etichetta del retro, quella in cui di solito si dice che il vino testè ingurgitato ha sapori e odori che vanno dalla fragola al peperone rosso, dal solanum nigrum al topinambur per la bagna cauda, ho letto che si tratta di un vino dal profumo vinoso. Oibò. Mi sento a malpartito. Come dire che l'acqua ha un profumo acquoso, o che la merda ha un profumo merdoso; ma tant'è. Come se non bastasse, in un rigurgito di purissimo masochismo, mentre mangiavo una frittata ai due formaggi preparata dalla Daniela (dico ai due formaggi perché non ne avevamo che due, parmigiano e pecorino romano), mi sono guardato anche il tiggì uno di Minzolini. So bene di dirti cose per te oramai dimenticate; tu che ti godi i tiggì della bibbiccì, tu che ti sei sicuramente scordato che oggi è giusto un anno che è schiattato Mike Bongiorno, tu che scrivi dall'East End o dal North Something o dal West Gesucchrist mentre io, attualmente, scrivo dalle plaghe comprese grosso modo fra via Vaiarini e la Besurica. Però c'è una cosa che ti devo dire.

Prepara, compagno, grosse quantità di quel tuo famoso Chili al basilico. Fanne scorta. Fila al più vicino shitmarket della zona e ràsalo di tutte le scatolette disponibili, ché ce ne sarà urgente bisogno. Perché sta per arrivare. L'ha detto Minzolini in persona. Non potrai sfuggire con l'appuntamento col destino. Sappi che

Sua Nazità PENETETTO SETICESIMO
sta per arrivare in visita a Londra.



So di non dirti, probabilmente, nessuna novità perché i media inglesi non staranno parlando d'altro; in più, il tuo possibile avvenire come maggiordomo dell'Arcivescovo di Canterbury ti espone ad un costante updating su ogni evento del genere. Però, for the Madonn, non puoi lasciarti sfuggire un'occasione del genere. Accumula Chili al basilico. Fanne incetta. Ti si aprono davanti strade impensabili, per le quali potrai rivestire un ruolo basil(ic)are.

Potresti cominciare con il mescolarti alla folla festante & giubilante per l'arrivo dell'amatissimo Sommo Pontefice, e tirargli una collezione di scatolette piene; anche ammettendo che la maggior parte colpisca a casaccio spiaccicandosi sul muso di Mr John Smith o di Mrs Gladys Johnson, almeno una dovresti riuscire a farla planare sul radïoso volto dell'attuale idolo di S.S. Giovanni Lindo I, imbrattandolo di quel gustosissimo pïatto che è stato da poco messo al bando come arma chimica. Oppure, con fare ancor più ardimentoso, potresti fargliene omaggio mentre fende la massa accalcata in Oxford Street (oh, gli si vorrà almeno concedere un po' di shopping, al pastore tedesco!) gabellandoglielo come sentito omaggio della gioventù londinese per la pace e la riconciliazione tra le chiese; naturalmente dovresti recare in bella vista un distintivo con l'effigie di Re Enrico VIII.


Riuscirebbe il sommo pontefice di Santa Romana Chiesa a sopravvivere ad una pïattata di Chili al basilico? Stianterebbe nottetempo in preda ad atroci dolori e a cacaiole dalla portata del disastro del Vajont? Oppure si trasformerebbe seduta stante in un incrocio fra Ami Winehouse e Nichi Vendola? Nel frattempo, tu, compagno, te ne sgattaioleresti per i sordidi vicoli londinesi con un sorrisetto satanico. Vorresti rinunciare a tutto questo? Pensaci. Il tempo non è molto, ma hai tutte le possibilità di studiare bene la cosa e di vestirti ammodino, perché Iddio ti guarda (questa l'ho rubata a Don Zauker, ma vabbè). Vai e colpisci. Tutti attendiamo con fiducia.



lunedì 6 settembre 2010

Mirabellandia

Sakinoia


Credo di averlo già specificato un migliaio di volte, ma sarà bene che lo ridica: il qui presente non nutre nessunissima simpatia per gli "stati", ancorché "laici". Figurarsi per quelli che già nella loro enunciazione ufficiale dichiarano l'ispirazione fondamentale ad una religione. Non amo, ma proprio per niente, una "Repubblica Islamica" così come non amerei una "Repubblica Cattolica" o un "Regno Buddhista" (da qui la mia scarsissima simpatia anche per la "causa del Tibet" e roba del genere). Fermo restando che il binomio "stato/dio" è comunque operante, e che non lo trovo meno presente nella Repubblica Islamica dell'Iran piuttosto che nella Repubblica Gòddica degli Stati Uniti d'America. Del resto, in quest'ultima il nome di dio è scritto anche sui dollari, e la cosa dovrà pure avere un significato.

Poi, ho anche ben presente quanto espresso da Miguel Guillermo Martínez Ball in un commento ad un post sul suo blog. Qualcuno gli ha chiesto come mai non avesse detto nulla su Sakineh, perché ora dire qualcosa su Sakineh è obbligatorio e attiene ai doveri fondamentali di ogni buon italiano, compresi coloro che viaggiano nella massima e quotidiana indifferenza per le due o tre donne ammazzate al giorno in questo paese (quando non trovano l'altrettanto quotidiana giustificazione per i loro assassini). Riporto per intero il lapidario e esauriente commento di Miguel Martínez:

"Per quanto riguarda il caso di Sakineh, qui c’è un equivoco di fondo. Io non sono un editorialista di Repubblica che deve dire la propria banalità su ogni notizia che capita. Ci sono mille altre questioni su cui non mi sono espresso, tra cui la lite tra Berlusconi e Fini, ad esempio; o la dichiarazione della presunta fine della guerra in Iraq; o ciò che sta succedendo in Somalia. Nessuno mi paga per scrivere, anzi quando scrivo rubo tempo al mio lavoro. Scrivo quando ho qualcosa di originale da dire. Mi sarebbe piaciuto andare a leggere i media iraniani sul caso, ad esempio; ma il persiano lo leggo con molta difficoltà, e il tempo non ce l’ho adesso."

Il sottoscritto, peraltro, non ha nessunissima pretesa di dire "qualcosa di originale". Però, in questi ultimi giorni, sono in preda alla più totale sakinoia. E, se tanto mi dà tanto, non sono neppure il solo. Bisognerebbe che gli editorialisti di Repubblica, o di qualsiasi altro giornale, avessero ogni tanto presente sia l'effetto boomerang delle loro "campagne di civiltà" -massimamente in un paese che quotidianamente non dà alcuna prova tangibile della suddetta-, sia la costante trasformazione in ridicolo che operano. E questo è il peggiore servizio che possano offrire a Sakineh, se tanto affermano di tenerci.

Prendiamo ad esempio i calciatori e compagnia bella. In questi giorni, la questione Sakineh che fa più "notizia" sembra essere quella delle prese di posizione di Totti e Prandelli. Tutto il mondo del pallone italiano sembra avere scoperto l'impegno civile, naturalmente per qualcosa di sufficientemente lontano da non dover pronunciarsi non dico sui femminicidi nostrani (chissà, magari qualche calciatore, in privato, un paio di ceffoni alla moglie-velina glieli ha pure ammanniti senza fare troppe storie), ma, che so io, sulle interferenze della chiesa cattolica, sui preti pedofili, sul precariato, sui morti sul lavoro che dividono la quotidianità con le donne ammazzate. Quello è un impegno civile che non attiene a Totti e Prandelli; è troppo vicino. Se qualcuno si azzardasse a chieder loro qualcosa al riguardo, risponderebbero invariabilmente che loro si occupano di sport. Sakineh invece è perfetta. Serve loro a unirsi al coro di sdegno, e a far vedere che hanno un'anima. Che non sono soltanto ammassi di miliardi erogati loro per farsi buttare fuori dalla Slovacchia (tanto per restare in temi squisitamente sportivi). E così la povera Sakineh Ashtiani diventa l'icona della vipperia nostrana. Passa persino sui forum di tifosi della Fiorentina, in mezzo al rinnovo del contratto di Montolivo e a Donadel che parla mercoledì. Davvero bisognerebbe imparare decentemente il persiano per leggere quel che si scrive sui giornali e sui portali iraniani; andare, che so io, a controllare a che punto stia il boicottaggio della Roma. Nel frattempo, i fiorai fanno affari d'oro: fra gladioli, mazzi e ghirlande di fiori depositati ai piedi delle Sakineh oramai persino sulla facciata del municipio di Casalpusterlengo, sospetto che l'Associazione dei Fioristi Italiani si auguri una lapidazione al giorno in Iran. Proprio mentre, magari, nella viuzza accanto al municipio il sciùr Mazzacurati, depresso e insoddisfatto, paparino separato o sposino geloso, prende la mira col fucile e fa fuori la moglie o la compagna sotto gli occhi di Sakineh.

Bisognerebbe allora tenerne ben conto, di queste cosine. Tenerne ben conto prima di essere pervasi dalla Sakinoia, che non è comunque un bel sentimento. Perché di donne e di altri esseri umani che lo stato condanna alla tortura e alla morte per qualsiasi motivo, ce ne sono a centinaia ogni giorno. Ma Totti e Prandelli sapranno che esiste Ciudad Juárez, a parte per la sua squadra di calcio (e neppure per quella, probabilmente)? Eppure le immagini delle Sakineh che sono state eliminate con la connivenza dello stato messicano, in quella città e altrove, potrebbero ricoprire tutti i centri storici delle nostre città. La Roma dovrebbe acquistare, magari grazie a qualche altro decreto spalmadebiti, una piantagione di fiori intera per manifestare il proprio impegno civico. E andò stà Carla Bruni, mentre il maritino deporta i Rom? E tutti gli identitaristi di questa ceppa di minchia, quelli delle invasioni, delle orianefallaci, delle paure? Se ne accorgeranno di essere ridicoli, mentre sotto il loro naso si consumano tutti i giorni i peggiori delitti dei quali a loro non interessa nulla, oppure sui quali si guardano bene dal far sapere il loro illuminato parere?

Sarà impegnato a deporre il mazzo di fiori per Sakineh anche il babbino dell'adolescente "bene" napoletano che ha violentato a Capri la ragazzina francese? Vi ricordate di che cosa ebbe a dichiarare quando il rampollo fu arrestato? "È una ragazzata, sicuramente lei ci stava e le cose sono andate un po' oltre". Intanto, sì, Sakineh forse la lapidano in nome di uno stato teocratico di merda. Ma in realtà non gliene importa proprio una mazza a nessuno, né a Totti e Prandelli e neanche a tu che mi leggi. Sakineh serve soltanto a farti sentire "superiore" e più "civile"; poi vai al bar e, chiacchierando, dici che la tredicenne stuprata se lo è meritato perché portava la gonnellina troppo corta o la maglietta troppo scollacciata. Poi dici che il signor Brambilla della porta accanto ha fatto bene a tirare quarantacinque coltellate alla moglie perché sospettava che lo tradisse col signor Bernasconi (e se per caso lo tradiva col signor El-Houajri o col signor Radulescu se ne meritava almeno ottanta). Poi non vuoi la moschea e vai ascoltare le omelie di monsignor Babini da Grosseto. Poi tua figlia o tuo figlio dodicenne sono inculati da don Cantini e te ne stai bello zitto, guardandoti tranquillo la partita di Totti.

L'immagine sotto il titolo è quella di Aileen Wuornos. La avevo già nominata in un post qualche giorno fa, senza nessun link. Forse avevo pensato che tutti la conosceste, ma ho come un presentimento che mi sbagliavo.