giovedì 24 ottobre 2013

Rubare il lituano


Direi, dai, su, che possiamo tirare tutti quanti il classico sospiro di sollievo.

Ieri era arrivata la notizia del ragazzo di Nibionno (Lecco) ammazzato di botte in Inghilterra. Le prime notizie parlavano di un'aggressione da parte di un gruppo di inglesi, al grido di ”Ci rubate il lavoro!”; e qui si impone una piccola riflessione.

Per un certo periodo ho avuto serissimi dubbi sullo scrivere, qui e a volte anche altrove, sui fatti di cronaca. Il problema dei ”fatti di cronaca” è che, nel 99,9% dei casi, si apprendono dai media; può capitare in una vita di assistere di persona a un fatto di cronaca, come ad esempio mi è capitato molti anni fa con l'attentato di via dei Georgofili; ma sono casi molto rari.

Si impone quindi una scelta, sintetizzabile nel modo che segue: sempre che se ne voglia parlare, e trarne spunti di varia natura, lo si deve fare ”a caldo” oppure attendere ”notizie più precise”? Farlo a caldo espone, come nel caso di ieri, a ”brutte figure” in quanto, molto spesso, la realtà del giorno dopo è molto diversa da quella riportata immediatamente.

Eppure si dovrebbe essere ammaestrati: il giornalista cerca la ”notizia”, e senz'altro un giovane cameriere italiano ammazzato da un branco di inglesi che urlano ”Ci rubate il lavoro!” fa più notizia del medesimo cameriere italiano ammazzato (forse addirittura per uno sbaglio di persona) da quattro lituani ubriachi.

A questo punto, occorre fare un po' di chiarezza.

Le aggressioni a sfondo razziale esistono. Non è un caso poi rivelatosi diverso che le fa scomparire. Se dovessimo parlarne soltanto quando assistiamo di persona ad una cosa del genere, non ne parleremmo mai, anche per la propensione che abbiamo a voltare il capino dall'altra parte, quotidianamente. Quando, sull'autobus navetta per la Coop, senti numerosi passeggeri che hanno visto una ragazza Rom sul marciapiede con un bambino in braccio invitare calorosamente l'autista a montare sul marciapiede con il mezzo e a schiacciarla assieme al bimbo, lo capisci meglio. Solo che questa non sarà mai una notizia; al massimo, qualcuno che assiste casualmente alla scena potrà parlarne su un blog letto da pochi intimi.

Viceversa, leggere una notizia come quella di ieri (o meglio: la notizia come si presentava ieri) fa scattare immediatamente delle ”molle”. È questo il famoso ”commentare a caldo” di cui si ragiona, quello che espone alle smentite, alle correzioni, alle brutte figure ed anche ad essere definito un cialtrone.

Anche perché, invariabilmente, ci sono legioni di saggi in agguato. Quelli che non ne parlano, in primis, preferendo rifugiarsi in vari ”luoghi” più o meno immaginari, in mitici passati ”in cui valeva la pena vivere”, eccetera. Poi ci sono quelli che aspettano, saggiamente assai per carità, fornendo valutazioni ragionate, sferzando i cialtroni che si sono lasciati trascinare dopo tre minuti, e così via.

Non mi vergogno affatto nel dire che sono, non di rado, uno che commenta ”a caldo”. Esponendomi quindi a tutto quanto sopra. Incapace di attendere un'ora o due e vedere come si ”evolve” una notizia, e di vedere gli inglesi razzisti assassini che si trasformano in lituani sempre assassini, ma ubriachi fradici.

Sarà forse che da certe cose sono toccato nel profondo, perché sono un osservatore di ciò che mi circonda (uno dei miei rarissimi lussi) e vedo la violenza gratuita e quotidiana attorno a me. Violenza che si esprime in mille modi, i quali non consistono soltanto nell'ammazzare di botte la gente (cosa che comunque accade). Violenza quieta, espressa a volte come ”battuta”, ma non per questo meno atroce. Può darsi che non sia portato, è vero, all'eccessivo ragionamento analitico. Può darsi che non sia un saggio, anche se questo mi preserva dall'opportunismo che è tipico di parecchi savi. Può darsi anche che odi l'indifferenza più di ogni altra cosa, e che mi metta a sbraitare sull'autobus dicendone di tutti i colori a chi fa le ”battute” sulla ragazza Rom e sul suo bambino e constatando non sempre con piacere che, in tali casi, aiuta abbastanza essere degli armadi con una barbaccia curata pessimamente e coi capelli a coda di cavallo. Aiuta, ad esempio, a non far sentire sempre e comunque al sicuro tutti quegli stronzi sull'autobus, anche se magari tra di loro ce ne sarebbe qualcuno capace di stendermi facilmente. Non mi riesce stare zitto. Né sull'autobus, né sull' ”Ekbloggethi Seauton Asocial Network”.

Allora mi espongo, e lo rivendico pure. Perfettamente conscio del fatto di aver letto la notizia da un giornale che detesto e che attacco ogni volta che posso, e che la notizia possa poi risultare imprecisa o, a volte, addirittura fasulla. Rivendico anche il dovere di parlare ”a caldo” di certe cose, con tutti i rischi che comporta. Li ho corsi in passato e ne correrò ancora, ma non lascio stare. Ritengo che non sia più tempo di ”approfondire”, ma di reagire.

Non cambierei una virgola in quel che ho scritto ieri, perché forse non si ha ben presente -ad esempio- a che cosa ha fatto in questi anni Alba Dorata in Grecia agli immigrati cavalcando la devastazione. O forse Rosarno è già stata dimenticata; e si dimenticano quotidianamente le volte che sentiamo dire quella frasetta, ”ci rubano il lavoro”. Quando si ”commenta a caldo”, senza aspettare nessuna ”evoluzione”, si hanno invece bene in mente certe cose e significa che si è fatto veramente il pieno e non si intende più lasciar passare nulla. Si affrontano le cose tentando, in qualche modo, di abbatterle; altrimenti si fa soltanto l' ”inchino” alla realtà, ci si avvicina alla costa su una nave di lusso e si tira avanti tutti soddisfatti della propria bellezza. O della propria ”profondità di vedute” e della propria capacità di analisi, senza mai fermarsi a sporcarsi le mani.

Abbiamo così appreso che non c'è da ”rubare l'inglese”, certo. Curioso, senz'altro, che le metafore linguistiche che usavo ieri siano sfociate nel lituano. Ma quella famosa frase, ”ci rubate il lavoro” (che sembra comunque essere stata detta, ma poi vattelappesca), sarà stata detta in inglese o in lituano? Jūs mums pavogtas darbą! Proprio un bel sospirone di sollievo; il ragazzo italiano non ha nessuno sfondo razziale, gli inglesi sono salvi e più che altro siamo salvi noialtri. Possiamo continuare a ”sognare l'Inghilterra” e tutta una serie di altri paeselli, sperando naturalmente di non incontrare i lituani briachi. Quelli che qualche tempo fa, assieme ai russi e ai polacchi, ci ritrovavamo agli incroci con il secchio in mano, e qualcuno ce n'è pure ancora. Possiamo ancora continuare a mandare i figli a imparare l'inglese tranquillamente, e sculo per il povero Joele Leotta che si è ritrovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma i posti sbagliati e i momenti sbagliati sono molto rassicuranti e permettono di passare avanti senza guardare, mentre là accanto c'è un anziano signore col pacchetto di pastarelle in mano che si fa rubare il lavoro dal senegalese che sposta file di carrelli fuori da un supermercato. Magari, chissà, un Bennett vicino a Nibionno (Lecco).

Non si corre poi certamente il rischio di rubare il lituano. Troppo difficile da rubare, quella lingua infernale.