mercoledì 15 dicembre 2010

Trattorie popolari


Succede di non aver voglia di tornare a casa, sebbene ce ne sia la possibilità. Fa un freddo boia, d'accordo; ma sono anche le prime giornate di sole da un mese e mezzo a questa parte, e quando c'è il sole spesso mi si impiglia in bocca ecc. (è un verso di Elytis, ma siccome detesto le citazioni la lascio volutamente a metà, così impara a farsi citare). Così, nel lasso di tempo in cui, fra un lacerto di lavoro e l'altro, sarei potuto tornare chez moi, me ne sono andato invece a zonzo, lasciandomi letteralmente trasportare dalla macchina. È arrivata l'ora di pranzo; e siccome le mie macchine sono sempre molto sagge (assai più di me!), mi ha portato a mangiare in un posto che conosco molto bene. Un posto consueto, di cui non importa fare il nome; a chi mi conosce da un po' di tempo, dirò che è quello dove si svolse la piola del dicembre 2003; a chi non mi conosce (e magari non intende minimamente farlo), non dirò nulla; tanto, se non conosce me, non conosce nemmeno quel posto. Sarebbe inutile.

Io vo a mangiare in trattorie popolari, di quelle a prezzo fisso il giorno; e mi piace andarci. Basta che non servano pizze e panna cotta. Mi piace stare in quei posti; mi piace fare due chiacchiere se c'è qualcuno, e mi piace anche starmene da solo. Oggi, quando sono entrato in quel posto, non c'era assolutamente nessuno. Ha cambiato, da sette anni in qua, diverse gestioni; ora è diventato una trattoria napoletana, la giovane coppia che lo tiene è napoletana per davvero e fanno cucina napoletana. Evitando accuratamente qualsiasi tipo di pizza. Ed è, almeno per me, una povera gioia di quelle che non mi riesce nemmeno spiegare; farsi servire dei maccheroni alla biancaneve (con ricotta dura e pomodoro), le sasizz' alla griglia (fatte come si deve), le zucchine alla scapece (cotte nell'aceto, almeno mi sembra) e un dolce al cioccolato e vaniglia di cui la ragazza non sapeva il nome, ma che "lo faceva mia mamma" (così mi ha detto). Magari, a Napoli Partenopea, un posto del genere impallidirebbe; ma a me cose del genere fanno svanire il freddo. Bello solo, mangiando piano e guardando i ricordi. In quel posto sono tanti. Solo sì, ma assieme a me c'erano almeno sei o sette riccardiventuri, ben distribuiti nella sala.

Ce n'era uno, ad esempio, mezzo addormentato a un tavolo, mentre qualcuno gli presentava un cantautore dal nome alquanto bizzarro; un altro nella saletta dietro quella principale, che cantava non so quale canzone d'un genovese dell'alta borghesia; un altro ancora, invece, chiacchierava fitto con una ragazza a un tavolo, e sembravano ore decisive per la Terra; un altro mangiava svogliatamente quando le ore decisive erano morte e sepolte; e poi un altro alle prese con un coniglio cotto male, assieme a un'inesistenza apparecchiata per cena; e, a pensarci bene, ce n'erano altri ancora, con facce variabili, capelli di tutte le fogge, le sigarette, le caraffe del vino. Proprio una bella congrega, e mi divertivo a guardarli pensoso, mentre addentavo i maccheroni, le salsicce, le zucchine. Forse è proprio per questo che vo sempre nei soliti posti, o mi ci fo andare; mi reco a osservare i miei fantasmi e il mio tempo, in un sole gelato di dicembre.

Mentre osservo fare non so cosa uno dei riccardiventuri, mi cade l'occhio su qualcuno che entra. Mannaggia. Fine. Perdipiù, è un poliziotto; e, come se non bastasse, è seguito da un altro poliziotto, da un altro ancora e da un ultimo. Tre in divisa e uno in borghese, e quello in borghese sembra decisamente più sbirro degli altri. Riscuotendomi, mi dico che la cosa non è stupefacente; il locale si trova a pochi metri da una poliziotteria, e quindi ci sta che ci vengano a mangiare. Non alzo, volutamente, lo sguardo. Non c'è ragione perché lo alzi. I quattro si sistemano nella saletta retrostante, e io continuo a mangiare; solo che i riccardiventuri si sono tutti dileguati.

Il pranzo è terminato. La ragazza mi porta il caffè; e, naturalmente, non appena lo porta squilla il cellulare. Il risultato è che il caffè si fredda; generalmente non mi formalizzo troppo, io sono Ingurgitator e me lo bevo anche intiepidito. Però, anche visto il clima, oggi ci dovevo avere proprio voglia di un caffè bello caldo, perdipiù in ambiente napoletano. Mi azzardo quindi a chiedere alla ragazza se me lo rifà, scusandomi cento volte e beccandomi pure un sorrisone; e mi avvicino al bancone, chiacchierando di caffettiere arrovesciate e di come si chiamasse quel dolce. Vengo, all'improvviso, investito dalla conversazione dei poliziotti a tavola. Così, senza poterci fare niente.

Ma che hai visto ieri a Roma?
Io lo saprei come fare, prenderei dieci black bloc, li metterei tutti in fila e gli spaccherei il cranio col fucile.
Hai proprio ragione, ma possibile che noi le dobbiamo sempre prendere? Sparare altezza uomo e via andare!
E il finanziere lo hai visto? La pistola doveva usarla, doveva sparare a tutti quegli stronzetti figli di papà.
Quelli possono ringraziare che era uno scemo di finanziere
(risate, ndr), se c'ero io erano già tutti morti.
Vanno ammazzati tutti, tanto si sa come fare. Poi condannano lo Spacca
(Spaccarotella, così almeno credo, ndr). Gli andrebbe data una promozione, invece.

Poi, e forse è uno sbaglio, i miei orecchi si chiudono. L'avevano azzeccata i riccardiventuri passati a filarsela tutti all'inglese; quello presente è impercettibilmente impietrito, con uno sguardo indecifrabile, a sorbirsi il caffè caldo e a guardare la ragazza senza un filo di malizia, ma semplicemente per aggrapparsi a un essere umano. Sarebbe potuta essere un camionista bulgaro o un lottatore di sumo giapponese, e sarebbe stato lo stesso.

Pago velocemente ed esco. Non mi ero immaginato che sarebbe finita così. Appena uscito, decido mentalmente di fare il diversivo delle dediche; è una cosa che mi viene di rado, e solo in occasioni particolari, per evitare di tornare dentro e fare un casino. Di apostrofare quei merdosi come meriterebbero. Le dediche, dicevo.

La prima a chi ciancia ancora di polizia democratica e roba del genere. Quattro sbirri qualsiasi a tavola che commentano il fatto del giorno nei termini di cui sopra. Quattro sbirri qualsiasi nel 2010, colti nel loro normale conversare. Crani sfasciati, fucili, pistole, spari altezza uomo, la promozione.

La seconda al signor Camilleri Andrea, uomo di sinistra che dichiara di "credere nella polizia" e che destina i proventi di un suo libro alle vittime del dovere. Forse bisognerebbe che scrivesse meno vigàte e che li ascoltasse, i discorsi dei poliziotti; magari potrebbe anche riportarli in un romanzo del suo commissario "ganzo", quello che ha fatto il '68 e che piace a tutti, me compreso.

La terza a chi crede nelle favole. Tipo quella dei "Black Bloc" (che si sono sciolti anni fa), o anche quella degli "infiltrati". Siccome rivoltarsi non è concepibile, chi si scontra con la polizia deve per forza essere un "infiltrato". Così facendo, si riesce ad "essere di sinistra" evitando accuratamente di prendere posizioni troppo scomode, di quelle che esigono le condanne unanimi.

La quarta a chi blatera di "ritorno agli anni '70" e, in particolare, all'immancabile "1977". Qui, invece, gli anni '70 e il 1977 non c'entrano assolutamente un cazzo. Non è nessun "ritorno". C'è la formazione di una massa che resiste, invece. Resiste e agisce in mezzo alla decomposizione, al putridume, alla "democrazia" che qualcuno ha paragonato, giustamente, all'orchestrina che suona sul Titanic che affonda. Altro che "ritorno", queste sono fiamme accese dai libri bianchi, dal precariato, dai servindacati, dalla disoccupazione. E chi non se ne rende conto adesso, si troverà presto, lui, a fare sul serio il black bloc. Black come un cadavere e rigido come un bloc.

La quinta, infine, alla ragazza della trattoria, che deve aver capito qualcosa. Mentre ascoltavo, mi dev'essere partita qualche occhiata strana, e non certamente a lei. Mi ha applicato uno sconto mostruoso, offerto il doppio caffè e anche la sambuca con la "mosca". Tredici euri in tutto, per una piattata di pasta che avrebbe schiantato voi comuni mortali, due salsicce punta di coltello e un subisso di zucchini. Mezzo litro di vino rosso e l'acqua minerale (anzi no, naturizzata).

Sì, mi piacciono troppo le trattorie popolari. Mi piace andare nei posti dove ci si incontra con altri, e con vecchi se stessi. Mi piace perché non c'è mediazione, e io la mediazione non so nemmeno che cosa sia. Mi piace perché si ascolta e si capisce. Mi piace perché anche l'odio trova una spiegazione, e assieme all'odio la sua rabbia compagna. Fuori c'era un tipo piuttosto curioso. Era tutto bagnato, davvero come un pulcino; e in questa stagione non è propriamente piacevole. Sembrava quasi che fosse cascato a pie' pari in una fontana. Me lo sono preso sottobraccio e siamo andati a farcene una breve passeggiata per altre dimensioni.