martedì 21 dicembre 2010

Ventidue dicembre



MI SONO ROTTO
(Aftous tous echo varethi)
Maria Dimitriadi

Di donne che mi accarezzano fredde,
di falsi amici che mi adulano
e che dagli altri si aspettano coraggio
mentre loro se la fanno addosso
in questa città divisa
mi sono rotto.

E ditemi, a che cosa serve
quella tribù di burocrati
che si mette a ballare con zelo
sulla schiena della gente,
nella gran ruota della storia?
Mi hanno rotto.

E cosa mai perderemmo
senza quei professori di merda
che saprebbero assai meglio le cose
se non si rimpinzassero tutti i giorni?
Servi paurosi, schiavi grassoni,
Mi avete rotto.

E gli insegnanti, flagello dei giovani,
che ritagliano gli studenti a loro immagine
e che sotto ogni bandiera
formano a forza i sudditi ideali?
Obbedienza! Sgobbare bovinamente!
Mi hanno rotto.

Ed il famoso ometto comune
che sempre ha penato senza averne nulla,
e che si abitua ad ogni schifezza,
basta che ci abbia di che campare
(ma, a letto, sogna di fare attentati)?
Mi ha proprio rotto.

E dei poeti che si fanno le seghe
a poetare sulla patria perduta,
e che rimano pure l'inrimabile
ma sempre amici dei potenti?
Sono in vendita come viscide anguille,
Mi hanno rotto.

E dei poeti che si fanno le seghe
a poetare sulla patria perduta,
e che rimano pure l'inrimabile
ma sempre amici dei potenti?
Sono in vendita come viscide anguille,
Mi hanno rotto.
Sono in vendita come viscide anguille,
Mi hanno rotto.

(Una canzone dedicata a Lady Losca
e a tutti i ragazzi che saranno in piazza a Roma, a Firenze, dovunque.)