domenica 1 gennaio 2012

Anniversari


Dieci anni fa, esatti, arrivavano quelle banconote e quelle monete là sopra.
Può darsi che il sottoscritto, se non proprio il primo, sia stato tra i primi a farle arrivare nella città di Livorno. Anche se non il 1° gennaio. Il giorno dopo.

Il 1° gennaio, se ben mi ricordo, a Livorno neanche c'ero. Ero a Ravenna, a festeggiare. Assieme a una serie di persone delle quali, dieci anni dopo, in massima parte non so più nulla. Si brindava, si cantava e ci si abbracciava; ora, alcune di loro potrebbero essere anche morte senza che io ne abbia avuto notizia, e tutto sarebbe continuato a scorrere via come prima. Allo stesso modo, poiché il 21 settembre scorso nella categoria dei trapassati sarei potuto allegramente entrarci io, quelle stesse persone avrebbero potuto ignorare la cosa del tutto, e tutto sarebbe continuato a scorrere via come prima. Ma, allora, questo non lo sapevamo.

Non sapevamo neanche che, dieci anni dopo, quelle monete ci avrebbero, come dire, causato qualche lieve problema. Per un certo periodo continuarono ad essere usate accanto alle lire; non il sottoscritto. Fermo restando che, allora, non avevo una lira e andai avanti senza avere un euro, fui colto da un entusiasmo e da una decisione che non so bene situare politicamente; ma chi se ne frega. Le lire cessarono di esistere. Tuttora, non sono tra quelli che rimpiangono la lira, non foss'altro perché da dieci anni non si vedono più quelle facce di culo che c'erano stampate sopra, da Cristoforo Colombo a Maria Montessori.

Il 2002. Cominciava un anno che di quelli.
La città di Livorno cominciò a darmi l'addio con uno strano episodio notturno mentre ero andato a comprare le sigarette a una macchinetta. Il 29 marzo alle ore 21 circa scrissi un post sulle lingue pregreche. Il giorno dopo, verso le 15, mi cambiò tutta la vita, con un tizio che i soldi ce li aveva anche nel cognome il quale mi prestò, appunto, cinquanta euro. Mi servivano per prendere un treno. Via da Livorno, via da un periodo. Cominciarono le peregrinazioni per mezza Europa. Anche di queste, dieci anni dopo, non è rimasto quasi nulla che non sia ricordo.

Si vede che doveva andare così. E non per fatalismo, perché sono assolutamente convinto che ogni cosa sia legata all'altra dalla relazione di causa e di effetto. Però, cascasse il mondo su un pero, venerdì 30 marzo verso le 15 sarò, da solo, a Livorno. In via de Larderel, dove c'era il pub "Nessie". Non so nemmeno più cosa ci sia al suo posto, ora. Però, nella confusione di quei momenti, giurai a me stesso che dieci anni dopo ci sarei tornato a chiudere un cerchio; e ho tutta l'intenzione di tener fede a quel giuramento.

Ci sarà un brindisi ideale alla salute di tutti. Di quelli il cui ricordo ancora mi suscita piacere, e anche di quelli il cui ricordo non me lo suscita più. Alla salute del tizio coi soldi nel cognome e dei suoi cinquanta euro, che gli restituii quasi due anni dopo. Alla salute di un treno e di un'alba. Alla salute di un'esplosione chiudente. Alla salute dell'amore e dell'odio. Alla salute dell'indifferenza e dell'oblio. Alla salute della vita e della morte.

E pensare che ieri sera, poco prima di recarmi a festeggiare assieme a persone che, dieci anni fa, neppure sapevo che esistessero, mi sono fermato a un bancomat. Bisognava che ritirassi cinquanta euro per fare uno strappo alla regola. Sí, perché certe cose non le potrei più mangiare o bere; ma, comunque, ci sono andato piano. Lo smodato per eccellenza è diventato, di colpo, parco. E ha dieci anni in più. Ci son dei fili che si chiamano vita, e tenerli assieme non è facile; però è probabile che la maggior parte delle persone non se ne curi neanche troppo. Io, invece, sono tra quelli che non potrebbe farne mai a meno; non so se sia una fortuna o una disgrazia.

Prendere un treno, pagandolo una ventina d'euro andata e ritorno, per andare mezz'ora davanti a un caseggiato di Livorno a camminare, brindando con l'aria. Rivedersi? Sarà difficile, non mi ricordo nemmeno che aspetto avevo, com'ero vestito. Intanto dormono, qui accanto a me; intanto dormono e sognano.