venerdì 13 aprile 2012

Ciò che andava detto (anche un po' meglio)


E così mi sono voluto "cimentare" anch'io con una traduzione della "orazione civile" (ora va di moda dire così...) di Günter Grass, l'oramai famosa Was gesagt werden muss, spinto effettivamente dalla pochezza di quella pubblicata da "Repubblica" (ad opera di tale Claudio Groff). Certo è veramente singolare: la traduzione di una persona ("Io Non Sto Con Oriana") che ammette candidamente di conoscere soltanto i rudimenti della lingua tedesca, riesce ad essere migliore di quella di uno al servizio del superquotidiano-partito. Non vedo poi che cosa ci abbia dovuto avere a che fare la cosiddetta "urgenza"; gli argomenti espressi da Günter Grass sono generali, e non riguardano certamente la cronaca immediata. Avrebbero potuto aspettare qualche giorno e affidare lo scritto di Grass a un traduttore professionale dal tedesco. Non dico a un "poeta", certo, perché quel che ha scritto Grass non è poesia. E' una prosa che va a capo prima della fine della riga, e stop. Oltretutto, in diversi punti, una prosa parecchio involuta, farraginosa addirittura. Non sono, mi sia consentito dirlo, così incondizionatamente entusiasta di ciò che ha scritto Günter Grass. Come si suol dire dalle mie parti, scopre l'acqua calda. In modi assai più efficaci, diretti e coinvolgenti questi sono concetti che vengono espressi da anni, particolarmente in Rete (blog ecc.); certo, ammetto che sentirli da un "premio Nobel per la letteratura" può essere infinitamente più visibile, e che il "nome famoso" possa finalmente contribuire a rendere un po' più chiare le cose. Chiare sí, ma con tutto un bagaglio di prudenza che Grass si poteva anche risparmiare. Prudenza che, comunque, non sembra essergli servita poi molto: ha avuto voglia di dichiararsi "legato a Israele", ma ha detto abbastanza per essere immediatamente messo nell'elenco delle "personae non gratae". E ben gli sta; con la forza di cui il suo nome è sicuramente capace, avrebbe potuto ricordare di certuni che sono stati rapiti e incarcerati per anni perché avevano osato rivelare i segreti dell'arsenale atomico israeliano (Mordechai Vanunu), oppure tutto l'ambaradan politico-mediatico effettuato nei confronti dell'Iran (che non è una semplice "ipocrisia": è un disegno politico e militare di conquista e genocidio), e di parecchie altre cose. Quello di Grass mi sembra in definitiva un coraggio a metà: con la sua "ultima goccia d'inchiostro" avrebbe potuto essere molto, ma molto più incisivo. Capisco anche però che non si può fare più di tanto dalle righe di una "Süddeutsche Zeitung". Comunque sia, certamente, le parole di Grass vanno conosciute ammodino. Se anche noi merde qualsiasi le andiamo dicendo da anni, sicuramente non abbiamo la possibilità di diffonderle con mezzi a noi preclusi. Quindi, traducendo, mi sono attenuto alla prima regola del traduttore da una qualsiasi lingua: il testo è comunque sacro e non lo devi improvvisare o inventare a piacimento. Cosa che, in alcuni punti, ohimé è stata fatta. Mi sono attenuto rigorosamente al testo originale, dando conto di certe rese in delle apposite note (evidentemente, su "Repubblica" non c'era ulteriore spazio, occupato dalle vicende di Rihanna e dai goal strani dell'ineffabile Pier Luigi Pisa). Cose che andavano dette, sí, ma ci sono stati già moltissimi che le hanno dette anche ben meglio di Günter Grass, e più chiaramente e radicalmente. Senza aspettare di avere 84 anni passati a macerarsi nelle colpe tedesche. Comunque sempre meglio di un Wolf Biermann, il "comunista" che è passato ad essere un filosionista dei più merdosi, e sostenitore delle varie "esportazioni della democrazia". Ach so, questi intellettuali tedeschi!

Was gesagt werden muss

Warum schweige ich, verschweige zu lange,
was offensichtlich ist und in Planspielen
geübt wurde, an deren Ende als Überlebende
wir allenfalls Fußnoten sind.

Es ist das behauptete Recht auf den Erstschlag,
der das von einem Maulhelden unterjochte
und zum organisierten Jubel gelenkte
iranische Volk auslöschen könnte,
weil in dessen Machtbereich der Bau
einer Atombombe vermutet wird.

Doch warum untersage ich mir,
jenes andere Land beim Namen zu nennen,
in dem seit Jahren - wenn auch geheimgehalten -
ein wachsend nukleares Potential verfügbar
aber außer Kontrolle, weil keiner Prüfung
zugänglich ist?

Das allgemeine Verschweigen dieses Tatbestandes,
dem sich mein Schweigen untergeordnet hat,
empfinde ich als belastende Lüge
und Zwang, der Strafe in Aussicht stellt,
sobald er mißachtet wird;
das Verdikt "Antisemitismus" ist geläufig.

Jetzt aber, weil aus meinem Land,
das von ureigenen Verbrechen,
die ohne Vergleich sind,
Mal um Mal eingeholt und zur Rede gestellt wird,
wiederum und rein geschäftsmäßig, wenn auch
mit flinker Lippe als Wiedergutmachung deklariert,
ein weiteres U-Boot nach Israel
geliefert werden soll, dessen Spezialität
darin besteht, allesvernichtende Sprengköpfe
dorthin lenken zu können, wo die Existenz
einer einzigen Atombombe unbewiesen ist,
doch als Befürchtung von Beweiskraft sein will,
sage ich, was gesagt werden muß.

Warum aber schwieg ich bislang?
Weil ich meinte, meine Herkunft,
die von nie zu tilgendem Makel behaftet ist,
verbiete, diese Tatsache als ausgesprochene Wahrheit
dem Land Israel, dem ich verbunden bin
und bleiben will, zuzumuten.

Warum sage ich jetzt erst,
gealtert und mit letzter Tinte:
Die Atommacht Israel gefährdet
den ohnehin brüchigen Weltfrieden?
Weil gesagt werden muß,
was schon morgen zu spät sein könnte;
auch weil wir - als Deutsche belastet genug -
Zulieferer eines Verbrechens werden könnten,
das voraussehbar ist, weshalb unsere Mitschuld
durch keine der üblichen Ausreden
zu tilgen wäre.

Und zugegeben: ich schweige nicht mehr,
weil ich der Heuchelei des Westens
überdrüssig bin; zudem ist zu hoffen,
es mögen sich viele vom Schweigen befreien,
den Verursacher der erkennbaren Gefahr
zum Verzicht auf Gewalt auffordern und
gleichfalls darauf bestehen,
daß eine unbehinderte und permanente Kontrolle
des israelischen atomaren Potentials
und der iranischen Atomanlagen
durch eine internationale Instanz
von den Regierungen beider Länder zugelassen wird.

Nur so ist allen, den Israelis und Palästinensern,
mehr noch, allen Menschen, die in dieser
vom Wahn okkupierten Region
dicht bei dicht verfeindet leben
und letztlich auch uns zu helfen.

Ciò che va detto

Perché taccio, facendo passare troppo a lungo
sotto silenzio quel che è evidente, esercitato
in giochi di guerra dove, alla fine, sopravvissuti,
tutt'al più siamo delle note a margine?

È il preteso (1) diritto a colpire per primi (2)
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone (3) e condotto
alle feste di piazza organizzate (4),
poiché rientra nel suo potere, si sospetta,
costruire una bomba atomica.

E allora, perché mi vieto
di chiamare per nome quell'altro paese
dove, da anni, sebbene in segreto,
si dispone di un crescente potenziale nucleare
però senza controlli, dato che non si può fare (5)
nessuna ispezione?

Il silenzio generale su questa situazione
(cui sottostà pure il mio silenzio)
lo percepisco come bugia opprimente
e coercizione, e prefigura già la punizione
se non vi si fa la debita attenzione:
consueta è la sentenza di „antisemitismo“.

Ma ora, poiché dal mio paese
(che si vede affibbiata l'esclusiva
di certi crimini che non hanno paragone,
e al quale, di volta in volta, ne viene chiesto conto),
- benché di nuovo per „scopi puramente commerciali“
e sbrigativamente dichiarato come „riparazione“ -
dev'essere consegnato un altro sommergibile
la cui specialità consiste nel saper dirigere
testate nucleari che annientano ogni cosa
su un luogo dove non è stata provata
l'esistenza di alcuna bomba atomica,
(e che però serve da spauracchio assai convincente) (6)
allora dico quel che va detto.

Perché ho taciuto fino ad ora?
Ritenevo che le mie origini
sporcate da una macchia incancellabile (7)
vietassero di pretendere dallo Stato di Israele
(cui sono e resterò legato)
tutta la verità così com'è. (8)

Perché dico ora, per la prima volta,
già vecchio e con l'ultima goccia d'inchiostro, (9)
che la capacità nucleare di Israele
mette a rischio una pace già di per sé fragile?
Perché va detto ciò che domani
potrebbe essere già troppo tardi dire;
e anche perché noi, già gravati
di troppe cose in quanto tedeschi,
potremmo diventare fornitori e complici di un crimine
che è prevedibile, e perciò la nostra complicità
non potrebbe essere cancellata
con nessuno dei soliti pretesti.

Lo ammetto: non taccio più
perché sono stufo dell'ipocrisia dell'Occidente;
e ancora, bisogna sperare
che molti escano dal silenzio,
che costringano alla rinuncia (10)
chi ha causato questo pericolo
che sta davanti agli occhi di tutti, (11)
e che insistano anche affinché
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
un controllo permanente e senza ostacoli (12)
del potenziale atomico israeliano
da parte di un'autorità internazionale.

Solo così si potrà aiutare tutti,
gli israeliani ed i palestinesi, sí,
ma ancor di più tutti gli esseri umani
che vivono da nemici a stretto contatto
in questa ragione occupata dalla follia.

Note alla traduzione

(1) Behauptet, come aggettivo è semplicemente “preteso” (nel senso del francese prétendu). Il verbo semplice, di cui è participio passato, significa sí “affermare”, ma in tedesco i participi usati come aggettivi hanno spesso significati un po' diversi. Un altro esempio presente qui è ausgesprochen, come aggettivo “completo, integrale”, come participio “pronunciato” (aussprechen).

(2) Nel testo originale c'è soltanto Erstschlag, “primo colpo”. Il tedesco è lingua molto piana, spesso terra-terra. Das behauptete Recht auf den Erstschlag è il “preteso diritto al primo colpo”. Chissà da dove il traduttore di “Repubblica” ha tirato fuori il “decisivo attacco preventivo”, ripreso poi anche da INSCO. Del “decisivo” non v'è traccia. Traduzione in puro giornalese.

(3) Alla lettera: “finto eroe” (Maul-held). Una traduzione possibile sarebbe potuta essere “ammazzasette”.

(4) Lo Jubel è, in tedesco, la festa di piazza in occasione di qualche avvenimento (e anche il “giubileo” in senso religioso). Caso tipico: la vittoria della nazionale ai mondiali di calcio.

(5) L'aggettivo zugänglich significa sì “accessibile”, ma in senso più generico “praticabile, fattibile”, anche semplicemente “possibile”.

(6) “Forza probatoria” (Beweiskraft) non ha qui alcun senso; è termine giuridico. Meglio rifarsi all'aggettivo corrispondente, beweiskräftig, che significa comunemente “convincente”.

(7) Behaftet significa “affetto da qualcosa” (una malattia ecc.) In pratica, prende il significato della cosa da cui si è affetti; da una macchia si può essere sporcati, in italiano, non affetti. E neanche “stigmatizzati”.

(8) Tatsache significa sí “dato di fatto”, ma soprattutto, e semplicemente, “fatto” oppure “cosa”. Diese Tatsache als ausgesprochene Wahrheit, alla lettera: “questa cosa come verità completa” = tutta la verità così com'è.

(9) L'unico intervento personale che mi sono permesso: il “mio ultimo inchiostro” diventa “l'ultima goccia d'inchiostro”. Del “mio” non c'è peraltro traccia nel testo originale.

(10) Qui auffordern è rafforzato da auf Gewalt “con la forza”, “di forza”. Non è un semplice “esortare”: è “costringere, obbligare”. E mi sembra una differenza non di poco conto. E ho anche un vaghissimo sospetto: che nella traduzione “Repubblicana” l'auf Gewalt sia stato ignorato a bella posta.

(11) Erkennbar è, alla lettera “riconoscibile”. Non indica assolutamente niente che si “vada prospettando”, purissima invenzione del traduttore.

(12) Unbehindert è semplicemente “senza ostacoli, non impedito, libero”. “Senza limiti di tempo” è un'altra invenzione.