lunedì 2 aprile 2012

Magyarország halála


A noialtri, in realtà, dell' "Europa" non ce ne fotte proprio una minchia. Siamo onesti; tutti là a occhiupaiàre, le banche, il debito, il capitalismo, la Grecia, il novantanovepercento e tutta una bell'altra zuppa di discorsi. Nel frattempo, in un paese europeo a poco più di 450 km da Venezia, si sta letteralmente morendo. Il paese si chiama Ungheria, ci fa venire a mente la paprika e una famosa rivolta antistalinista, si sa vagamente che ci si parla una lingua impossibile (che, peraltro, è una delle più divertenti del mondo) e che invece di "ungheresi" si può dire anche "magiari". C'è stato il barbaro comunismo, in Ungheria; poi, nel fatidico ottantanove, è crollato anche lì. Dopo la rivolta del '56, col regime del signor Giovanni Giuseppe Czermanich (un fiumano di nascita più noto come Kádár János -in Ungheria bisogna sempre mettere il cognome prima del nome, come in cinese), l'Ungheria era famosa per essere il paese del blocco socialista dove "si stava meglio"; il metro dello "stare meglio" era naturalmente del tutto commisurato ai parametri occidentali. Agli ungheresi era benignamente concesso di recarsi all'estero più o meno liberamente, c'era un certo "benessere" e ci si vedevano persino le automobili italiane o tedesche. Una pacchia, insomma; e, sicuramente, non pochi ungheresi stanno ricominciando a considerare quel periodo come tale, in confronto a quel che è adesso.

L'Ungheria attuale è sintetizzabile in poche parole: un paese parafascista, se non fascista tout court. Guidato da un tizio, tale Orbán Viktor, che lo ha rispedito direttamente ai cari, bei vecchi tempi del regime dell'ammiraglio Horthy von Nagybánya e al feudalesimo clericale che lo contraddistingueva. Spedito al potere mediante le solite "democratiche elezioni" che hanno fatto stravincere il partito di Orbán; il quale si chiamerebbe ufficialmente Magyar Polgári Szövetség, cioè "Unione Civica Ungherese", ma è più noto come Fidesz, vale a dire la resa ungherese della parola latina fides, "fede". Membro, sentite un po', del Partito Popolare Europeo e dell'Internazionale Democratica Centrista. Uno s'immaginerebbe, che so io, un Pierferdinando Casini in salsa magiara; e invece qui siamo di fronte a un partito fascista clericale in piena regola, da riferire assai più alla Falange di Francisco Franco.

Con la maggioranza schiacciante (52%) ottenuta alle ultime elezioni politiche, Orbán Viktor e la sua Fidesz hanno fatto approvare una nuova Costituzione. Cominciamo col dire che l'Ungheria non è più nemmeno una repubblica, ma solamente l'Ungheria. Comincia in questo modo: Dio benedica l'Ungheria; e Dio, come primo benedicente atto, ha ridotto il numero di confessioni religiose ammesse a fruire di fondi pubblici da circa 300 a 14. Nella nuova costituzione ungherese si stabilisce ufficialmente che l'embrione è un essere umano fin dall'inizio della gravidanza, e che i matrimoni possono avere luogo solo fra un uomo e una donna (scritto nella Costituzione, capite?). Nel frattempo, il partito di Orbán mette completamente il bavaglio alla stampa e ai media indipendenti, con leggi e decreti; la legislazione ungherese attuale in materia fa apparire quella tentata da Berlusconi come una lieve barzelletta. Aumentata l'IVA al 27%: nemmeno Monti e la Fornero sono arrivati a tanto. In due anni da primo ministro, Orbán ha trasformato l'Ungheria, paese membro dell'Unione Europea, in un'autocrazia; non gli è sfuggito niente. La Banca Centrale Nazionale (Magyar Nemzeti Bank) è stata posta sotto il controllo totale dell'esecutivo; ma lo devono sicuramente volere sia Santo Stefano (Szent István), sotto la cui corona l'ex repubblica ungherese è stata posta, sia i feti la cui vita deve "essere protetta fin dal concepimento" (frase tolta di peso dal testo della nuova costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 2012). Santo e feti che hanno poi di fatto eliminato la Corte Costituzionale ungherese, la quale non può più decidere su alcuna legge ed ha solo valore consultivo, compreso in materia fiscale. Viene inoltre introdotto l'obbligo di una maggioranza qualificata su diversi temi: per introdurre nuove tasse sarà necessario approvarle con una maggioranza di due terzi, rendendo quasi intoccabili le riforme create dall'attuale governo. Sulla legge finanziaria, inoltre, viene introdotta la possibilità di veto da parte del Consiglio di bilancio, una sorte di Corte dei conti, i cui membri, in carica per i prossimi sette anni, verranno nominati proprio da Fidesz. Viene creata, inoltre, la norma secondo cui, se il parlamento non è in grado di approvare una legge finanziaria entro il 31 marzo di ogni anno, il presidente della Repubblica lo può sciogliere e indire nuove elezioni. Soprattutto queste due ultime norme rischiano, secondo molti osservatori, di garantire al partito del premier un controllo su parlamento e governo anche nel caso di una sconfitta elettorale alle prossime elezioni del 2014.

Intanto, in Ungheria, il paese delle Croci Frecciate che riuscirono anche a stupire le SS nello zelo che misero nella persecuzione e nello sterminio di ebrei e rom durante la II guerra mondiale, si stanno giustappunto riformando milizie nazifasciste. Sí, perché non c'è solamente Fidesz; ci sono anche i fascisti ultranazionalisti dichiarati, quelli di Jobbik, che ha votato sí contro l'approvazione della Costituzione, ma che ha comunque partecipato alla sua stesura. Jobbik ha ottenuto il 17% alle "libere elezioni democratiche", mica noccioline. Partito xenofobo, il quale, con i suoi militanti inquadrati, ha recentemente posto in essere azioni precise contro i rom, naturalmente col benestare delle forze dell'ordine. Nelle due cittadine di Gyöngyöspata e Hajdúhadhaz, i miliziani jobbisti, in uniforme nera, hanno pattugliato le vie chiedendo i documenti alle persone che incontravano per la strada.

Il tutto, va quasi da sé, inserito in una crisi economica che ha spinto, grazie anche e soprattutto alla politica di Orbán, l'Ungheria sull'orlo del collasso; ma sembra che la cosa non tocchi quasi nessuno. Eppure le ripercussioni della crisi economica ungherese sono gravissime, paragonabili a quelle greche; il rapporto tra il debito e il Pil dello stato è aumentato del 7% solo nel 2011. La situazione ha portato a tagli disastrosi e conosciuti anche in Italia: subito è scattato il blocco del turn-over e l’aumento dell’età pensionabile a 62 anni a partire da chi è entrato nel lavoro dal 1988. La crisi ha portato le banche a chiedere interessi sempre maggiori in un Mercato ormai fuori portata. Lo stato evidenzia come l’Europa sia complice della Crisi Economica in Ungheria, per la sottovalutazione del problema. I fondi speculativi hanno declassato lo stato, tanto che la crisi economica in Ungheria non potrà permettere di garantire il pareggio nel 2013. Il bilancio appare fortemente negativo e si pensa che il debito arriverà al 10% del Pil ungherese. La crisi economica ungherese significa maggior ricorso ai tagli sia a livello dello stato italiano sia nel circolo Europa: si aggiunge così a quella irlandese, portoghese, greca, italiana e, a breve, anche inglese.

Con la sua arroganza e spavalderia, Orbán Viktor non ha soltanto trasformato l'Ungheria nel primo paese fascista autoritario dell'Unione Europea, ma lo ha portato anche alla rovina economica. Qui un sunto della situazione attuale; oggi stesso, poi, dall'Ungheria arrivano notizie raccapriccianti. Il Presidente della Repubblica, Schmitt Pál, anch'egli di Fidesz e fatto nominare da Orbán in persona (è, peraltro, colui che ha apposto la sua firma alla nuova Costituzione), ha dovuto dimettersi per uno scandalo. In pratica, la corona di Santo Stefano, il santo nome d'Ungheria, i feti protetti e le ronde in camicia nera non hanno impedito a questo losco figuro di "laurearsi" ricopiando di sana pianta la sua tesi da uno studio precedente. E così l'Ungheria si ritrova del tutto isolata, considerata un paese dittatoriale e in preda ad una crisi economica e morale. Non ci sarebbe nulla da stupirsi, perché questi sono i risultati usuali di ogni bella destrona nazionalista e delle derive populiste, ovunque esse si producano. Poi, naturalmente, si può e si deve ragionare su come il capitalismo incoraggi e nutra regolarmente tali derive, arrecando disastri che, ora, non sono più limitati ad un solo paese; e su come la cosiddetta "Unione Europea" non si spinga, nei confronti dell'Ungheria, molto al di là di una specie di moral suasion che lascia il tempo che trova.

E noialtri? Non resta che terminare come s'era cominciato. Non ce ne importa un cavolo. Siamo altamente selettivi, forse perché, per quanto riguarda l'Ungheria, non abbiamo ancora da "fare il tifo" per anarchici, ribelli, cani Kanellos, rivolte e quant'altro. In Ungheria non c'è nemmeno una TAV piccina picciò a cui opporsi con tutta la poderosa solidarietà di cui siamo capaci a ondate alterne. E, invece, l'Ungheria è vicinissima. E' un paese che sta mostrando scenari di cui tutti in Europa siamo passibili; e sono scenari di guerra. Sarebbe bene tenerne il debito conto, e ricordarcene almeno un po' nel nostro antagonismo a macchia di leopardo dalla quale l'Ungheria sembra restare inspiegabilmente esclusa.

Nella foto sotto il titolo: sulla prima pagina del quotidiano ungherese "Blikk" del 24 novembre 2006 si mostra l'on. Gyenge Zsolt, 35 anni, deputato di Fidesz, in divisa da SS. La dicitura recita: "SCANDALO! Il deputato di Fidesz in uniforme nazista." L'on. Gyenge (che in ungherese significa "debole") è poi passato al partito di ultradestra Jobbik. Il titolo di questo post, in lingua ungherese, significa "la morte dell'Ungheria".