Non ho proprio nessunissima intenzione di compiere l'insano gesto, e men che mai se dovessi perdere il lavoro. Gli vo in culo, al lavoro! Ho tutto quel che mi serve per vivere: una testa, due mani, un amore e un gatto. Per morire c'è tempo. Non vorrei certo mancare di rispetto a tutti coloro che, ultimamente, hanno deciso di ammazzarsi perché hanno perso il lavoro, scegliendo sovente modalità atroci (darsi fuoco, buttarsi sotto un treno e altro); hanno semplicemente anticipato il suicidio. Trovo singolare che l'alternativa posta dalla gran "civiltà del lavoro" sia tra suicidarsi perché non lo si ha più (o non lo si trova), e morire a migliaia lavorando. L'alternativa tra il padrone che ti esubera, ti cassa-disintegra, ti mobilizza, ti precarizza e ti getta via, e il padrone che ti fa volare da un'impalcatura, ti thyssenkruppa a fuoco vivo nel laminatoio, ti asfissia nella stiva, ti spreme al computer fino a ucciderti di sonno arretrato. No, ora sarebbe il momento di dire basta. Di accorgersi che il lavoro è soltanto morte in tutte le salse. Di rifiutarlo, altro che ammazzarsi perché non lo si ha. Di licenziarsi tutti.
La fabbrica chiude? E chi se ne frega, che chiuda! Cinquemila, diecimila licenziamenti per salvare l'azienda in crisi, col supermanager che fa finta di essere addolorato mentre dà l'annuncio? Sai cosa si fa, allora? Si va via tutti quanti. O non vogliono sempre "risparmiare" per i "costi insostenibili"? Gli si fanno sostenere bene, questi costi: levandoci tutti dai coglioni. Più nessuno. Ci penseranno i loro robottini, i loro macchinari, le loro ipertecnologie a "produrre" cose che, dopo un po', non comprerà più nessuno. Marchionne? Bye bye, ci hai caramellato la minchia con le tue minacce quotidiane di "portare via la Fiat dall'Italia". Vattene, tu e la tua Fiat di merda. Le letterine, stavolta, ti si mandano noi: con la presente eccetera il dipendente Rossi Mario, avendone piene le palle, ha deciso di non presentarsi più al lavoro dalla data X, e vaffanculo te e i tuoi pulloverini. E le piccole e medie imprese? Il motore della nazione? Il sistema Italia? Da lunedì ce ne andiamo a pescare, e ci riprendiamo la vita. Da mangiare? E si mangeranno i pesci, che son tanto buoni, contengono fosforo e fanno bene alla vista. Le famiglie? Capiranno. Qui, tanto, oramai, non lavora più nessuno; tutti quanti si stanno liberando. Ci si dovrà arrangiare, e l'essere umano ha comunque dimostrato in tutta la sua storia di essere abbastanza bravo a farlo. La Camusso là come una demente con l'articolo 18 in mano, senza sapere più che fare: non lo si può più applicare. Con una giustissima causa, se ne sono andati tutti. Licenziare gli statali? Meglio licenziare lo stato. Equitalia deve mandare le sue cartelle? Impossibile, non c'è più nessuno che le mandi. Hai bisogno di curare zia Genoveffa che si è ammalata? Al dottore offri di tornirgli i pezzi della macchina, se lo sai fare; oppure gli coltivi i topinambur e gli innaffi i pomodori per un dato periodo. E se il dottore non c'è più, perché si sono licenziati anche i docenti universitari? Cura con le erbette. Oppure la zia Genoveffa muore. Fra tutti i suicidi e gli omicidi della "civiltà del lavoro", si è disimparato proprio a morire. A accettare la morte. Sono scomparsi quei bei letti di morte coi parenti intorno, e invece si vuole vivere vivere vivere sempre di più, ma vivendo una vita che non è più tale. Vivendo una vita che è soltanto un lento suicidio al servizio del capitale. E, allora, si muoia sí, ma come si dice noi. D'un colpo o anche soffrendo, perché può succedere; in quel caso, sí, si potrebbe anche decidere di non averne proprio più voglia e morire di propria volontà e senza l'intervento di alcun Dio, forse il peggiore di tutti i padroni.
Ma guardate a che cosa ci siamo ridotti, tutti quanti. A far dipendere la nostra vita da sistemi macro e microeconomici. L'economia deve essere distrutta perché sta distruggendo tutti noi. Dovremmo cominciare piano piano, senza far tanto rumore; poi trasformare la brezza in vento, e il vento in tempesta. Gli esseri umani hanno deciso di non lavorare più. Di utilizzare le proprie risorse, la propria intelligenza e le proprie capacità naturali e acquisite senza più metterle al servizio di alcun padrone. Con lentezza, senza fare alcuno sforzo. E senza porsi più tanti "grandi questioni" paralizzanti, che hanno portato al più tragico impasse della storia: perché, oramai, della criminalità del lavoro si sono accorti proprio tutti, ma senza avere più nessun mezzo efficace per contrastarlo in quanto rassegnati a "far parte di un sistema" che non può essere combattuto. E allora si assiste a paradossi che hanno tutta la tragicità di cui è capace il ridicolo.
Ci sono, ad esempio, gli "anarchici" che non saprebbero più come vivere se, domani, perdessero il loro bel posticino in qualche ufficio statale; ma perché, se sono tanto "anarchici" e addirittura nemici giurati del lavoro (contro il quale tuonano dai loro blog un giorno sí e un giorno sí), non si licenziano? Non potranno più coltivare le loro passioni, i filmini, i fumetti, i librini e quant'altro? Non potranno più andarsi a fare le vacanze nel bel posto, e defilarsi sdegnati da ogni cosa distillando però perle di esperienza, disillusione, mancate rivoluzioni giovanili, rabbie e veleni sopra ogni cosa? Eh, pappappero. Una bella licenziatina collettiva, e all'improvviso sarebbero costretti anche loro a riconfrontarsi con un presente che, finalmente, supera il famoso stato di cose, quello di cui vanno cianciando ancora oggi. Il cavallo di battaglia delle loro ciance; lo hanno talmente superato, lo stato di cose, che se ne stanno là tutti i giorni a guadagnacchiarsi lo stipendiuccio con una paura fottuta, e malcelata, che prima o poi il signor Monti e la signora Fornero si occupino di loro. Anche iersera mi è capitato di starci, in mezzo a parecchi anarchici; dio serpente, non ce n'era uno che minimo non lavorasse alle poste!
Oggi, invece, lo stato di cose è brutalmente sotto gli occhi di tutti. Sono convinto che alla disperazione non possa essere opposta altra disperazione. Va opposta una cosa altrettanto brutale, ma allegra. Va opposto il licenziamento dal lavoro. Una "civiltà" costruita in sodalizio di morte da capitale, stato in tutte le sue forme e in tutti i suoi regimi, economismo, padronato. Che cosa è stato opposto allo "sfruttamento dell'uomo sull'uomo"? La creazione progressiva di "migliori condizioni di lavoro"? Ma davvero? E se sono così "migliori", l'alienazione dell'umanità (un'alienazione che non esisteva nella civiltà preindustriale) a che cosa sarà dovuta, all'aria guasta? E il "pianeta" sarà salvato a colpi di protocolli di Kyoto, ché poi far protocolli dal paese di Fukushima secondo me è peggio di una barzelletta di Berlusconi? Ora come ora il "pianeta" si salva in un solo modo: fermando tutta la produzione in serie di oggetti e "servizi" che non servono assolutamente a un cazzo di niente. Ivi compreso 'sto computer di merda dal quale vi sto scrivendo. La comunicazione delle idee andava avanti benissimo a carta e penna, quando le idee c'erano per davvero; ora, invece, c'è Twitter.
E, insomma, perdono il lavoro e si ammazzano. Oppure ammazzano in grande stile. Si ammazzano perché non riescono a mandare avanti la famiglia oppure ammazzano la famiglia, tout court. Oppure entrano nel bell'ufficio climatizzato, nella beauty farm, nella banca che li ha buttati fuori, nell'officina che non li voleva più, e con un'arma da fuoco prodotta da altri lavoratori (soggetti naturalmente a esubero) compiono una strage. Salgono sulle gru. Immigrano sui barconi perché le loro terre, nelle quali sovente basterebbe mettersi sotto un albero a fare l'amore aspettando che cada la frutta, sono state massacrate da guerre, petroli, materie prime, miniere, fosfati, rame, cristi, fami, disoccupazioni, carestie, ogni cosa. Proprio per questo al lavoro inneggiano tutti. Forse si è fatto, nella storia, poco caso ad un fenomeno: il lavoro ha unito i "peggiori nemici". Il lavoro è il caposaldo dei barbogi di ogni religione come dei "comunisti". Dei fascisti come dei liberali. Persino di parecchi "anarchici". Proprio non ce la fa nessuno a staccarvisi, a mandarlo a farsi fottere. A parole, tanti; nei fatti, nessuno. Belle costruzioni teoriche, "manifesti", primitivismi alla John Zerzan, invettive e paradossi squisitissimi come questo; ma nessuno, alla fin fine, che si licenzi. Che rinunci al suo posticino se ce l'ha. Che rinunci a cercarlo mandando in culo ogni cosa e, magari, convincendo chi gli sta più vicino a fare altrettanto, a non ammazzarsi di lacrime e di preoccupazioni, a essere pronto anche a mangiare merda e dormire sotto un ponte e ad ingegnarsi adagio perché quel ponte diventi una reggia per tutti. Mi chiedo se non abbia ragione Sirio a non voler dare i suoi vent'anni alla morte; chi è Sirio? Io lo so, e lui lo sa. E lo sa anche sua madre, che non vorrei più veder morire alla svelta perché ha vent'anni anche lei, e ce li avrà sempre.
Invece si dovrebbe cominciare davvero tutti quanti a licenziarsi, a scappare via dal lavoro. A lasciarli finalmente soli con le loro macchinette e con le loro economie, quei signori. Soli e con le palle in mano, e restituire il tempo al tempo togliendolo definitivamente al denaro. Vorrei che gli occhi di chi amo non fossero costantemente come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre. E mi fumo un sigaro, dio cagnaccio. Lo so che non dovrei, che mi fa male, che tutto quanto; ma non morirò di lavoro. Probabilmente lo sto per perdere, quel lavoro che ha contribuito ben più del fumo a mandarmi a gallina; non immaginate nemmeno che vita mi è toccato fare fino al 21 settembre 2011. E chi se ne frega. Mi licenzio. Perderò, magari, ogni cosa. Mi staccheranno luce e gas. Non lo leggerete più l' "Asocial Network", non è una cosa fondamentale per l'umanità. Se avrò ancora davvero voglia di "far circolare le mie idee", troverò comunque il modo di farlo. Se c'è qualcosa cui tengo, è questo buco in cui vivo; beh, vorrà dire che un bel giorno perderò pure quello, ma non perderò la vita. Non mi avrà la disperazione. Non mi avrà il lavoro e la sua peste bubbonica. Non mi passerà sopra nessun treno, porca madonna. Alla fine morirò, come tutti, ma dopo aver vissuto la mia vita. Al momento che sarà, sperando che avverrà su una spiaggia dell'Elba, mentre sono in panciolle a non fare un cazzo, con la Settimana Enigmistica (anche se si licenziano tutte le sue maestranze e non esce più, ne ho, tiè, una scorta che basta per decenni). Vi suggerirei: fatelo anche voi. Licenziatevi tutti, perché di "cambiamento" non ce ne può essere altro. Licenziamoci tutti, perché così vinceremo.