sabato 19 maggio 2007

Ottocentoduemila


Un'altra "Storia di Fabrizio", un'allegoria sulla canzone "Ottocento". Scritta il 5 settembre 2000 all'Isola d'Elba per il newsgroup it.fan.musica.de-andre. Provocò qualche sconcerto. Vi compare, ohibò, persino l'allora cardinale Ratzinger; ma come yacht. Un'allegoria del potere e della sua vuota vastità (o vasta vuotezza), come del resto è la canzone di De André.

Pierferdinando Casini, nudo, leggeva l' "Osservatore Romano" ("Unicuique suum", "Non praevalebunt") comodament' assiso su una sedia a sdrajo bianca, sulla tolda del "Cardinale Ratzinger"; più in là, il presidente della Banca Centrale Europea, Wim Duisenberg, anch'egli nudo, spiegava in un'improvvisata conferenza stampa l'importanza d'aver un assoluto buon gusto nella scelta delle suppellettili per un venticinquemetri.

In quell'assolato porto dell'Ultimo Paradiso, dove tutto era rimasto com'era (compresa l' Antica Trattoria raccomandata persino dall'Arcigola; però le gioiellerie e le boutiques eran venute dopo), le donne scendevano a terra verso le sette della sera, nei loro négligés comunque abbastanza diversi da quelli cantati da Leonard Cohen. Restavano, con lo sguardo rivolto ad un diverso cielo, i Tronchetti-Provera, i signori D'Alema, i....

Ci aveva provato, qualche anno prima, un cantautore ligure dal volto assai particolare. Aveva tentato di scovare, con criptica e caustica lividezza, l'ansia ed il malcontento di quei sottovento; aveva, dicono, preso a prestito una sorta d'industriale tirolese d'un improbabile Ottocento. Dalle sue parole in musica traspariva un volutamente esagerato senso di Biedermeier, di piccoli trumeaux pieni di stipetti, di scatole d'argento, di quella rispettabilità così ben descritta da Marguerite Yourcenar negli "Archivi del Nord", quando parla dei suoi Cleenewerck, dei suoi Dufresne, dei suoi De Crayencour.

Un altoparlante, installato nella Pittoresca Piazzetta, diffondeva le note d'una canzone in una strana lingua.
"Secondo te, che caspiterina di lingua è?", chiese Tronchetti-Provera a Pierferdinando Casini, mentre la bella Afef Ynifen faceva ciau ciau con la manina.
"Mah....dev'essere qualcosa in dialetto ligure. Mi sembra Fabrizio de André, no?"
Da un'altra barca pigramente ormeggiata, il dottor Garrone assentiva con la testa, offrendosi gentilmente di tradurre il testo.

"Ma lo sapete che si nomina anche Portofino? Anzi, il vino bianco di Portofino, chissà se da qualche parte lo servono ancora..."
(E il dottor Garrone, forse memore di qualcosa veramente vista nella sua infanzia, si lanciava nell'esaltazione delle crose a mare, degli odori di un tempo, del meriggiare pallido e assorto di quelle stradette racchiuse fra due muri, che sorgevano dove adesso ci son le sue raffinerie di petrolio).

"La cosa m'incuriosisce alquanto, dovremmo parlarne a Giovanni. Credi che riuscirebbe a procurarcene qualche bottiglia per la cena di domani sera?"
"Può darsi...certo è che le vigne, qua, non c'è più chi le cura. Sarà difficile trovarne di quello vero..."

E su tutto aleggiava la tragedia.
La tragedia di qualche giorno prima, quando Pier Silvio doveva arrivare e, invece, non s'era visto. L'attracco rimaneva desolatamente vuoto; e tutti fingevano di rispettare il dolore del Padre, che per il lutto aveva abbrunato gli schermi e trasformato quel suo eterno sorriso, con un notevole dispendio di energia, in una convincente maschera di dolore.

Quel figlio per il quale si sentiva pronto a ripetere la litania di Jacopone da Todi o il lamento sul corpo di Assalonne morto: "Figlio, figlio..."
Lo avevano ritrovato vestito da straccione, al termine d'una strana domenica segnata da un'inspiegabile fuga in tram alle sei del mattino, dall'amputazione della gamba d'un famigerato carbonaro e dalla solitaria resistenza a colpi di cannone d'un famoso cantante e del suo illustre cugino De Andrade. Vestito da straccione, imbottito d'uno strano intruglio sulla maleolente sponda del Naviglio di Porta Ticinese, Pier Silvio giaceva annegato con un solco lungo il viso come una specie di sorriso. Ma già, nella mente del padre, s'affollavano i proclami; e la corrente emozionale!

La corrente emozionale.
L'utilità.
Per adesso, comunque, era meglio non farsi vedere a Portofino.

"...ma lo sapete che, in questa canzone, ad un certo punto, si nomina un piatto a base di gatto? La lepre dei tegoli, così lo chiamano...."
(C'era una gatta sul tetto che aveva una macchia nera sul muso e una vecchia...trallarallallà).
"Ma che roba! Uno dei contadini di mio nonno lo diceva sempre che bisogna stare attenti quando portano in tavola lepri o conigli..."
"Io non avrei problemi a mangiarlo, giuro."
"Ma va' là!...."
"E perché non avete capito di quando parla delle ragazze di buona famiglia che si possono guardare senza il goldone!"
"Aahahahahahaha!"
"Ahahahahahahahah!"
"Ma guarda quel pirla del Duisenberg che ride senza capirci un'acca!"
"Ahahahahahaha!"
"Ahahahahahhaahah!"

E fu allora che Pierferdinando Casini s'avvicinò al banchiere olandese, che stava consumando un morigerato pasto innaffiato da un Chablis del '93 della pregiata casa vinicola "Cohn Bendit".
"Eine kleine Pinzimonien?...eh?"

Gli altri trattenevano a stento le risate.
"Krauten und Erdbeeren? Und Patellen und Arsellen fischen Zanzibar?"
"Ma è olandese, mica lo capisce il tedesco.....!"
"Und einige Krapfen früher vor dem Schlafen, und Erwachen mit dem Walzer?"
"Ahahahahahahahahah!"
"Ahahahahahahahahahahah!"

Und ein Alka-Seltzer für dimenticar.
Le donne tornavano alla spicciolata cariche di pacchetti.
Su una collina, proprio dietro al "Piccolo Hotel", s'agitava una figura nera, scavata, disperatamente presente.

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