giovedì 31 gennaio 2008

Χαίρε, χαίρε ελευθεριά!


Io credo nella libertà di ognuno. E se dico libertà non è qualcosa di astratto o, peggio, la mia libertà che mi riservo come esclusiva fregandomene altamente della tua. La tua libertà è la mia. Fare ciò che si vuole, senza costrizioni, senza obblighi. Particolarmente senza obblighi "morali", ma ogni altro tipo è incluso.

Però, vedi, anche io mi metto qui a sedere e scrivo le mie cose, belle o brutte che siano, mentre c'è qualcuno che mi stira i pantaloni o mi prepara da mangiare. Anche per questo me ne vado a stare per conto mio. Non voglio più che mi sia stirato nulla. Piuttosto mangio una scatoletta di cacca di cane. Ogni forma di convivenza pone degli obblighi; e quando si pongono degli obblighi, la libertà viene a cessare. Diventa, appunto, astratta. E cessa ogni altra cosa. Diventa mota.

Io, che ho sempre detto che un simbolo di libertà è, specialmente per un uomo, sapersi rammendare da solo un calzino, attaccarsi un bottone alla giacca, cuocersi un uovo. Poi la libertà ha urti continui con la pigrizia, con la comodità, con le convenzioni. E allora ti metti a sedere, e ti rialzi soltanto quando ti ritrovi con te stesso. Quando puoi scegliere se rammendartelo, quel calzino, o se lasciarlo bucato.

Vivere soli non è soltanto riappropriarsi della propria libertà. E' restituirla agli altri. E quando si sceglie di passare momenti più o meno lunghi assieme, è fregarsene di ogni altra cosa che non sia lo stare assieme. Senza orari e senza bandiere. E' la libertà che tu esca da sola o da solo alle tre di notte, se ti va, è la libertà di non provare nessuna gelosia e nessuna apprensione perché tu sei una persona libera e, più che altro, sei semplicemente una persona senza nessun bisogno di aggettivi. Neppure "libera".

E' la libertà di andare e venire, di vedere chi ti pare, di non vedere nessuno. E' la libertà di non legarti con dei contratti, ché già i notai (quelli dello stato e quelli dello spirito) lavorano a piene mani e non c'è nessun bisogno che io e te li facciamo sgobbare ulteriormente. Che si riposino. Lavorare stanca. Lavorare è la forma più subdola e terribile di omicidio-suicidio che esista.

E io te la do, ad esempio a te, mamma, questa libertà. Che non ti prenderai. Perché quando avevi cinque o sei anni tua madre già t'insegnava a essere una brava donnina di casa, ti metteva in cucina, e giù manate se non le facevi bene le cosine. Perché ancora adesso che sei anziana e acciaccata non concepisci la vita senza quelle maledette faccende di casa. Perché c'è quel pezzo di merda di tuo figlio che scrive tutte queste belle cosine sulla libertà mentre tu te ne sei andata appena a letto perché avevi da stirare cose che avrebbero benissimo potuto restare spiegazzate.

Perché continuerai a farlo per chissà chi, anche se tuo figlio, no, piuttosto di portarti a stirare le cose come fanno tanti "vividassolo" di questa ceppa di minchia, le terrà eternamente spiegazzate; oppure, se vorrà, si piglierà la sua bella asse e se le stirerà da solo, ché magari gli riviene pure qualche scemenza da scrivere su "Bielle".

Perché, anche lontano, c'è qualcun'altra che in questo preciso momento ha da stirare dopo aver passato una giornata intera a lavorare. Perché, anche lontano, c'è qualcun altro che in questo preciso momento ha tutti i pensieri elevati di questo mondo mentre una madre, una moglie, una sorella o una filippina gli sta stirando i poetici fazzoletti, le rivoluzionarie camicie, i depressi calzini, le anarchiche lenzuola, le disperate magliette, le innamorate mutande previamente lavate dai tuoi sbaffi di merda ché ti fa fatica pure pulirti il culo perbene.

15 commenti:

redshadow ha detto...

Ciao Ric;

Mi è piaciuto molto questo post.
In effetti il vivere soli porta a situazioni tragicomiche, come il pensare o lo scrivere fino a pochi istanti prima sui massimi sistemi e poi ritrovarti a bestemmiare di fronte ad un lavandino otturato o ad una lavatrice che fa acqua.

Io mi son sempre rifiutato di farmi lavare e stirare le cose da mammina o simili. COnsideravo scontato l'arrangiarsi in determinate cose una volta solo. Però più che libertà parlerei di orgoglio...parola fascista e che detesto ma che serve un pizzico, anch'essa, per motivare la sopravvivenza.

Orgoglio che si autodistrugge quando, per esempio, mi viene posta dinanzi agli occhi una banconota da 50 euro, anche perchè l'unica volta che rifiutai un aiuto economico (chissà cosa cazzo avevo bevuto!) mio padre, uomo silenzioso, mi disse in una delle sue rare uscite: "sei figlio unico, i soldi ti servono adesso e per noi è un piacere aiutarti,se vuoi considerali un anticipo dell'eredità, prendili e non spaccare i coglioni".
E l'orgoglio se ne va nelle fogne assieme a tutte le remore, di fronte a quello che, in una maniera materiale, goffa, moderna o capitalista che dir si voglia, non riesco a non chiamare comunque amore.

r

P.S. Adesso dopo una giornata di lavoro dovrei pulire la cucina...ma il tuo scritto mi ha indotto a rimandare...ti riterrò responsabile al primo manifestarsi di forme di vita sconosciute nel lavandino! :-)))

Riccardo Venturi ha detto...

Mattugguardaté. Proprio in dei giorni in cui mi sta frullando ripetutamente per la testa una cosa, quella di scrivere dei post...sui blogghi (plurale di blogghe, ndr) altrui, e fra questi blogghi altrui c'è ovviamente anche il tuo.

E proprio mentre stavo scrivendo 'sto post ieri sera, pensavo: ma quanto mi garberebbe che lo leggesse anche Antonio. Ieri sera ti chiamavo per nome, senza ombre rosse; e con te non mi viene di frequente, usualmente ti penso come Red, Red sei da sempre e Red, credo, rimarrai. Ma ieri sera eri Antonio, e non so spiegartelo il perché; o forse sì, ma spiegartelo sarebbe troppo lungo.

Poi avevo in mente anche un'altra persona, ma almeno per ora non posso dire chi sia. Arriverà il momento, spero presto, in cui potrò dirlo.

Intanto è arrivato il momento di leggere questa tua cosa, così come del resto faccio ogni giorno sui tuoi "minimi termini" che a me non riesce di non considerare invece come dei massimi inizi, hermano.

Arrivato in fondo, mi è capitato di leggere quella tua frase: "E l'orgoglio se ne va nelle fogne assieme a tutte le remore, di fronte a quello che, in una maniera materiale, goffa, moderna o capitalista che dir si voglia, non riesco a non chiamare comunque amore."

E non riesco neppure io a non considerarla al tuo stesso modo. Saremo, vorrà dire, materiali, goffi, moderni e persino capitalisti. E saremo anche persone che questo amore continuano imperterriti a pigliarlo in considerazione. Chissà che un giorno non scopriamo persino di avercelo dentro, e di quello duro, immarcescibile.

Un abbraccio forte.

R.

Riccardo Venturi ha detto...

Post scrittums.

Dice il saggio (ma senza le "elle" cinesi):

Sempre rimandare a domani quel che puoi fare oggi!

Quanto alle eventuali forme di vita sconosciute...chissà che in fondo non possano essere migliori di quelle conosciute!

Anonimo ha detto...

Io alla libertà, sinceramente, non credo molto. Anzi, sono convinto che a questo mondo non esista affatto. La libertà è un concetto, per usare un termine informatico, "booleano". O c'è o non c'è. Zero o uno.
Anni fa affrontai codesto discorso con mio padre, in una delle rare volte che ci si vedeva, quando mi decidevo ad andarlo a trovare per ricordargli che aveva un figlio ;)Lui che per la sua irrinunciabile libertà non si è mai voluto sposare, non ha mai accudito suo figlio, ed è andato a morire ,totalmente solo, in una cascina sperduta nella lomellina.
Bhe, lui una sera mi disse di pensarci bene prima di sposarmi, poiché avrei dovuto rinunciare definitivamente alla mia libertà. Io obiettai dicendo che a mio avviso il matrimonio non era una perdita di libertà, certo, implicava qualche reciproca rinunzia, ma si era mediamente liberi. Fu proprio a fronte di questa mia obiezione che lui controbatté dicendo che o si è totalmente liberi o non lo si è affatto. Nel momento in cui si rinunzia anche solo ad una cosa, non si è più liberi, non esiste il concetto di "meno libero".
Bhe, per farla breve non biasimo ma nemmeno condivido la sua scelta di libertà, per ovvi motivi, certo gli è, quantomeno, che è arrivato "libero" fino al capolinea.
Tutto questo per dire che la scelta di libertà, comunque ha un prezzo, che non tutti possono permettersi, poiché spesso si paga a caro prezzo.
Per concludere ti dirò, caro Ric, per dirla alla "trainspotting" che io non ho scelto la libertà, "I choosed something else", ma invidio, spesso, il coraggio di chi compie la scelta opposta alla mia ;)

Max

BlackBlog francosenia ha detto...

la libertà...bisogna vedere. Se parliamo di libertà al singolare, credo vada distinto fra libertà da e libertà di. E a volte, o più spesso, le due cose sono in contrapposizione. Sul fatto che uno sia più o meno libero di ...scegliere non credo ci piova, fermo restando tutti i condizionamenti del caso. Tant'è che il padre di max ha scelto in un modo e max sceglie in un altro. Poi che nel caso del matrimonio più che il booeanesimo valga l' enten - eller di kierkegaard, per cui "sposati e te ne pentirai, non ti sposare e te ne pentirai lo stesso..." questo è un altro discorso che ci porta ... vicino!

salud

Riccardo Venturi ha detto...

Carissimo Max,

Ti rispondo sinceramente, dicendoti che, come sai, sono stato sposato. Ed è stata un'esperienza, comunque. Non dico neppure se positiva o negativa; dico soltanto un'esperienza. Come tale, ne ho tratto poi delle conclusioni che possono anche non essere condivise o condivisibili; così come, ovviamente, ti auguro e mi auguro che il tuo amore sia felicissimo e, soprattutto, che sia tale in modo autentico. Se poi tu e la tua compagna avete voluto "ratificarlo" con il matrimonio, non sono certo a scelte che tocca a me sindacare; io parlo di me stesso.

Devo dirti che la risposta che ti diede tuo padre è, a mio parere, l'unica possibile. Anche perché quel tuo "mediamente liberi", devo dirtelo, in realtà non significa assolutamente nulla. E' come dire "vagamente morto", "un po' incinta", o, per usare un'espressione alla moda, "leggermente accoltellati". Sul caro prezzo posso essere d'accordo, ed è un prezzo che si paga per ogni cosa, per ogni scelta; a mio parere, nella convivenza forzata esistono però pericolosissimi germi. Questo al di là del "matrimonio"; ma forse in questo sarò diventato come i famosi ex fumatori, non lo nego.

Ma con questo non voglio andare oltre, non sarebbe giusto. Applicare la propria vita a quella degli altri non è mai giusto.

Salut!

k.d. ha detto...

Max,
"essere liberi" ed "essere soli" non sono sinonimi...

daniela

BlackBlog francosenia ha detto...

nemmeno antonimi, però!
"e non si è soli se qualcuno ti ha lasciato, si è soli se qualcuno non è mai venuto"

salud

Anonimo ha detto...

Liberi, liberi ...
Libertà assoluta senza alcun vincolo alcuna condizione...
bello romantico...
o è assoluta o non è!
E' così che non è...
il come... il quando... molte delle coordinate della nostra vita non sono sotto il segno della nostra libertà...
Anche le condizione delle "scelte libere" sono perlopiù relative a scelte o a mancate libertà altrui.
Liberrtà non è un dato di fatto, ne dato assuluto alqmeno qui ed ora, ma cosa relativa è spazio di conquista (sempre provvisoria), spazio di manovra tra i condizionamenti che fanno il tessuto della nostra vita e le possibilità della vita e del cosa farci di quel che siamo di quel che pensiamo, di quel che amiamo, o disprezziamo...
Viva la libertà stretta che lotta per aprirsi varchi, a volte aperti da sogni e fantasie a volte da gesti e fatti concreti.
Alle

Anonimo ha detto...

ah avevo tra le miriadi questa bella poesia sulla liberta quella assoluta:

LIBERTA'
Per questa libertà bisognerà dar tutto.
Per questa libertà di girasole aperto nell'alba,
di fabbriche accese
e di scuole illuminate,
e di terra che scricchiola
e di bambino che si sveglia,
bisognerà dar tutto.
Non c'è alternativa se non la libertà.
Non c'è cammino se non la libertà.
Non c'è altra patria che la libertà.
Non ci sarà poema senza la violenta musica della libertà.
Per questa libertà
che è il terrore di quelli che sempre la violarono
in nome di fastose miserie,
per questa libertà che è la notte degli oppressori,
e l'alba che illumina le pupille infossate,
i piedi scalzi,
i tetti sforacchiati,
e gli occhi dei bambini che vagavano nella polvere,
per questa libertà che è l'impero della gioventù,
bella come la vita,
bisognerà dar tutto.
(Fayad Jamis, Cuba, 1960)

Riccardo Venturi ha detto...

Intermezzo.

Solo per esprimere una mia particolare felicità, quella di vedere riunite qui, su questo post, in questi commenti, alcune delle persone che ho più care al mondo.

Tutto, qui, lo volevo dire; poi...si riprende la discussione come e quando volete.

BlackBlog francosenia ha detto...

bello, romantico? fulvio.
Quale sarebbe l'alternativa a "bello e romantico"? "Brutto e cretino", forse?

salud

Riccardo Venturi ha detto...

Eh.
Certo, che l'alternativa a "bello" sia "brutto" è...normale.
Però non avevo mai sentito che l'alternativa a "romantico" fosse "cretino".
Ed è una cosa che, devo, dirti, mi piace parecchio. Ma parecchio! Non la avevo mai sentita prima, ti giuro.
Poi, a dire il vero, ripenso alle "normali" alternative a "romantico". Che so io, "arido", "concreto", "freddo", "realista"...e sono tutte delle grandissime cretinate!
E allora appare chiaro che bastava ragionarci un po' sopra per scoprire che l'alternativa naturale a "romantico" è proprio "cretino".
Insomma, l'ennesima volta che mi ci voleva un francosenia.
Ach so.

BlackBlog francosenia ha detto...

La cosa - che non è mia - la lessi parecchi anni fa, su un libro allora appena uscito, il viaggio di Bernward Vesper. Un romanzo saggio, come lo definiva l'autore. L'autore è un personaggio su cui credo varrebbe spendere assai più delle due parole che mi vengono qui. Posso solo dirti che era figlio di un nazista ai vertici del terzo reich, e che, quando è morto, militava insieme ad andreas baader e ulrike meinhof, dove militasse non ti sto a dire. Ma -ripeto - quella contrapposizione mi convinse non poco. E continuo a restarne convinto.

salud

Riccardo Venturi ha detto...

E ha definitivamente convinto anche me, ti giuro.
Mi è capitato, a volte, di sentirmi dare del romantico con quella specie di commiserazione mista a disprezzo che -sospetto- anche tu ben conosci.
D'ora in poi avrò la contrapposizione giusta.
E se per caso hai due parole in più da spendere su Bernhard Vesper...mi piacerebbe che tu le spendessi. Qui o altrove. Dove non importa.

Salut,