giovedì 10 maggio 2012

Il dieci di maggio dell'Asociale



Ils ont voté, diceva l'anarchista Léo Ferré; e, infatti, hanno votato un po' dappertutto in questi ultimi giorni. Francia, Grecia, qualcosa anche in Germania e in Italia. Nel frattempo, l'Asociale (ammetto che ogni tanto provo a nominarmi in terza persona per vedere il buffissimo effetto che fa) osservava uno dei suoi periodi di silenzio, mentre ora si beve un caffè stracarico in una giornata che si preannuncia estiva. Oh che bello, si diceva, hanno votato; in mezzo, tra le altre cose, alla solita sventagliata di suicidi. Ora il suicidio sembra essere diventato parecchio à la page, “fa notizia” e quando poi si ammazzano persino quelli del partito democratico vuol dire che se non ti suicidi proprio non sei più nessuno. Certo che c'è suicidio e suicidio, se ne parlava iersera in una casa davanti a una specie di ecomostro, in prossimità di un casello autostradale che ha di recente cambiato nome. Ci sono, sì, i suicidi per autentica disperazione; però quelli, a pensarci bene, esistono da un paio di milioni d'anni e usualmente non fanno tanto clamore a parte qualche caso eclatante in cui all'atto si accompagna un qualche gesto di protesta sociale più o meno forte. Protesta che, peraltro, non ha presa; ho il sospetto per niente vago che del disoccupato che si dà fuoco o si spara non freghi poi molto a nessuno al di là di qualche parola o “solidarietà” di circostanza, e di qualche post blogghesco che il giorno dopo lascia spazio ad altro argomento; c'è sempre un film o un libro di cui parlare. Poi, ultimamente, c'è l'oramai famoso suicidio dell'imprenditore; è quello che, in massima parte, sta facendo notizia. Prodotto perfetto di venti o trent'anni di esaltazione dell' “imprenditorialità”, bisognerebbe metterci sopra il riquadro dei pacchetti di sigarette. Il benesserino che va a farsi fottere. Il managerello che, a un certo punto, fa la stessa fine del dipendente che due anni prima non avrebbe esitato nemmeno un momento a spedire sul lastrico assieme a tutta la famiglia; ora basta una cartella di Equitalia per mettere in azione pistole, quarti piani e sdraiamenti sulle rotaie. Brutta gatta da pelare non poter più finire di pagarsi il SUV; o dammi retta, imprenditore, se sei così allo sparo vènditi la villetta o qualsiasi altra cosa; e sennò vuol dire che l'imprenditorialità è il cimitero di una società intera, dato che presuppone delle cose letali: la competizione, il lavoro massacrante per te e per gli altri, lo sfruttamento, l'alea di un imprevisto. O non te lo avevano mai detto che per ogni imprenditore di successo ce ne sono trecento che falliscono? Chi cazzo te l'avrà fatto fare, tutte le sirene che ti volevano “motore della nazione” e “silenzioso alfiere del Made in Italy”? Sì, certo, magari sarai anche stato onesto; peccato che nella gara che ora ti ammazza, quelli che hanno più probabilità di venirne fuori sono proprio i disonesti. E talvolta va male pure a loro; pensa, che so io, a Raoul Gardini. S'è ammazzato come te, però tu ti ammazzi per la villetta e per la famigliuola cui non puoi più dare un certo tenore di vita fatto in massima parte di cazzate immani e di consumi inventati; lui perlomeno si divertiva in barchetta col Moro di Venezia, quando tutta l'Italia vegliava per guardare le boline e le strambate. Buona strambata a te, ora. Strambo il mondo, e ancor più strambo quello che ti ammazza. Perché sono stracerto che nemmeno all'ultimo momento penserai che è stato il capitalismo, la tua rovina. Darai la colpa a diecimila cose, ma non a quella che in definitiva ti sta mettendo la corda al collo. O vallo a comprare ora il Sole 24 Ore. Dicci dell'andamento dei mercati mentre sta arrivando l'Intercity 599 o il treno merci che, poi andrà a saltare in aria alla stazione di Viareggio, a cura di un altro fulgido managerone. Piccolo ometto che stai dandoti la morte senza, fondamentalmente, capirci una sega nemmeno in extremis. Tanto quelli che ti riempivano la testa di puttanate son sempre tutti lì, e, a proposito, come correvi a votarli.

L'Europa in crisi è percorsa da fremiti di grandiosa protesta. La protesta si esprime radicalizzando. In Grecia, ad esempio, arriva l'Alba Dorata ma avanzano anche i Komunisti (si chiama “KKE”, quindi le K ci stanno bene) e l' "altra sinistra", che ci ha un nome, Syriza, che sembra uno sciroppo per la tosse; si rivedono però anche le vecchie, care maggioranze silenziose. Quelle che sono stufe delle proteste di piazza, violente o meno che siano, e che pensano a salvaguardare l' “unico bene rimasto”. In certi paesi dove batte il sole, questo “unico bene” è sempre il turismo. Non si scampa al turismo, perché dove piove di continuo la crisi non c'è mai (in Europa; in Bangladesh vengono giù acquate micidiali che fanno in media cinquecentomila morti a botta, ma del Bangladesh a noi che ce ne stracatafrega?). Per questo anche gli arcivescovi invocano la pioggia, che iddio li strafulmini senz'ombrello. Quindi anche in Grecia hai voglia a suicidarti; come mi assicura uno che conosco, e che di Grecia ha notizie giornaliere, i suicidi vengono generalmente considerati con malcelato fastidio a parte quelli che poi vanno a attaccare i bigliettini in piazza Syntagmatos. Piazza della Costituzione, vuol dire. Tutto il mondo è paese, per quanto riguarda le piazze. Io credo che le Costituzioni andrebbero prese e bruciate, assieme ai relativi stati, apparati, parlamenti e istituzioni. Sono la più tragica fregatura che attanagli questa palla tonda che gira nel cosmo, ma se qualcuno mi chiedesse il fatidico E perché...?, lo manderei con grande indifferenza a farselo troncare nel culo. L'evidenza è difficile da ammettere. La risposta è in ogni attimo che viviamo. Chi ha risposto in questo modo viene perseguitato, sgomberato, incarcerato, non di rado ammazzato. Ci son sempre una polizia e una magistratura che si occupano di mettere a tacere chi dà certe risposte. Sono pagate per questo. Va bene, d'accordo. Sono quelli come me che sono considerati fuori dal mondo; indi per cui, quelli come voi ci sono dentro. Buon pro vi faccia. State pure a farvi gargarismi mentali col lavoro, magari sognando pure quello “gratificante” perché sennò, poverini, vi annoiate. Non mangiate. Ciomp! Non potete andare a farvi il viaggio di nozze alle Maldive. Spos! Non potete comprare l'ultimo ipod ipad iped. Jobs! Poi tanto ve lo comprate lo stesso, facendo pure a cazzotti alle sei di mattina davanti al Megastore. E sticazzi.

Ne sto vedendo di tutte, altro che il famoso discorsino “ho visto cose che voi umani...”; mi sono sentito offendere e sbeffeggiare da autentici imbecilli che, qualche volta, volevano persino fare la rivoluzione. E come se la frignano, ripensandoci! Ma cosa cazzo avete fatto, cretini? A parte camparci sopra per decenni, poi, mettendovi però prima al riparo con qualche bell'impiego statale (gettonatissime le Poste, ma anche le varie agenzie non scherzano) con il pretesto bell'e pronto che “è bello fregare soldi allo stato”. Devo ammettere che se cominciassero a licenziarvi ammodino, un bel po' ci godrei; magari sareste costretti, chissà, a mandare davvero in culo quel famoso lavoro che disprezzate sí, però passando a incassare lo stipendio tutti i mesetti. O forse sareste costretti a fare la rivoluzione! Bella quand'era un giochino, lottavano così come si gioca eccetera, il commissario stronzo che ti svegliava all'alba e ti teneva d'occhio*, e i morti. Però, con tutti i vostri incubi, avete famigliato, figliato, scritto, letto, sentenziato; e continuate a farlo. Poveri piccoli, vomitevoli stronzi di merda. C'è più rivoluzione nel diciassettenne di periferia che si butta via a birre, che in tutta la vostra vita di cazzoni sputati. Se c'è qualcosa di cui mi pento amaramente, è quella di esservi venuto a cercare per buona parte della mia vita. Chissà che venivo a cercare, quando nella mia dissipazione continua avevo già tutto; e, infatti, mi sento vivo. Voi siete morti. Spesso non ho nemmeno saputo come arrivare al giorno dopo, eppure non ho mollato. In culo a voi e alle vostre disillusioni di cartapesta, ai vostri gloriosi anni di merda, alle vostre canzoncine commoventi, ai vostri raduni e alle vostre “storie”. E' ora di regolarli perbene, certi conti; e me li regolo da solo. Finché avrò un fil di fiato in gola.

Sí, sí, tanto che non scrivevo. Il caffè è finito da ore. Non ho assolutamente voglia di fare un cazzo. E non lo faccio! Dicevo prima di quelli che hanno votato. Certo che son proprio dei ganzi, ora per “protestare” ricorrono a Beppe Grillo. E' un comico e, devo dirlo, il suo mestiere lo sa fare bene. Sa fare ridere. I flussi elettorali: ma esisterà qualcosa di più intensamente comico? Il convogliamento del voto di protesta. Il sindaco grillino. La voglia di pulizia. Oggi c'è qualcuno che dice persino che Grillo era anarchico: costui è Pippo Baudo. Sabato, invece, andrò a Pisa; per un ragazzo che, quarant'anni fa precisi, venti giorni prima d'essere ammazzato di botte dalla polizia, voleva far eleggere in parlamento Pietro Valpreda. Pietro Valpreda era, con ogni probabilità, un imbecille esaltato che era perfetto per fare da vittima sacrificale; era in galera. Se fosse stato eletto in parlamento, sarebbe stato liberato. Non so giudicare che cosa abbia voluto fare, e la parola “giudicare” mi sta pure parecchio sui coglioni; quarant'anni fa avevo nove anni. Però, Franco Serantini è una persona che ho sempe sentito vicina a me; non lo so nemmeno io perché. E me ne starò parecchio defilato. Ci saranno, probabilmente, quelli che c'erano, anche ai suoi funerali. Non mi ricordo bene chi, forse Corrado Stajano, li paragonò a quelli di Durruti. Non c'ero nemmeno ai funerali di Durruti, ora che ci penso. Starò nel mezzo, invece, a una gran folla di persone che sono state dovunque, a volte persino in due o tre posti contemporaneamente. Io non sono mai stato da nessuna parte, nemmeno quelle poche volte che c'ero. Ecco, Serantini me lo immagino come me. Sarà forse un parto della mia fantasia, ma alla fine la fantasia è l'unica, vera cosa che ci resta. E pensare che la volevano mandare al potere. Del resto, anche al figlio di nessuno sardo avevano dato un nome di fantasia, e ci vorrà tutta la fantasia che ho per percorrere le strade pisane immaginandoselo coi suoi occhialoni spessi, a farsi una passeggiata insieme e, magari, a conoscersi. Giuro, Franco, che ti faccio votare per tutti i Valpreda che ti pare. E' andata poi a finire che di galera l'hanno tirato fuori, e che ha morto la sua morte di malattia; a te ne è toccata una di massacro. Che buffa cosa, tutto. Non posso bere la birra per via della glicemia; e nemmeno una coca cola, se per questo. Ci s'andrà a fare un'acqua minerale gassata, in culo a tutti quei briachi, e in culo anche all'anarchia. O non mi dire che, poi, prima o poi saresti finito anche tu alle Poste. O a farti la famigliuola (ché ho letto recentemente pure dell'esaltazione dell'amor familiare da parte di un'anarchico). O a votare Beppe Grillo. Finisce qui. Sono le ore 17,19 di giovedì 10 maggio 2012. La foto sotto il titolo reca un'interessante proposta dalla Sicilia**, e la Sicilia è notoriamente terra di proposte interessantissime. Peccato che non me le posso più mangiare per via del diabete!

* E verso il quale costoro hanno, regolarmente, un afflato di nostalgia se non addirittura di comprensione. Trovo parecchio interessante, ma non stupefacente, che dai discorsi di molti di questi qua la Polizia "dei loro anni" sia vista con qualcosa che rasenta l'ammirazione. Come fosse stato davvero un bel gioco a guardie e ladri, anche se c'erano parecchi inconvenienti. Non di rado c'è un "commissario", stronzo quanto ti pare, ma trattato fondamentalmente con rispetto; "nemico" sì, ma cui viene riconosciuta sia "umanità", sia -soprattutto- parte in causa. Non trovo casuale che non pochi di questi signori abbiano versato qualche lacrima pure per Cossiga, quand'è morto; né che alcuni di loro abbiano intrapreso (con vario successo) la carriera di scrittori di polizieschi. Ma è una cosa di cui, probabilmente, riparlerò.

**Victor Bedis, Palermo. Per l'Anarchia. Associazione degli Egoisti. (Cerchio nero con profilo di Max Stirner, ndr). Non votare! Nessuno può rappresentarti meglio di te stesso! Non delegare!